Sono un aviatore non un criminale
di Bernardo Monti
Questa pubblicazione curata dall’Associazione Culturale 4° Stormo fa parte della collana “Ali nella Storia” che vuol mantenere vivo il ricordo di un Reparto, dei suoi uomini e di un aeroporto che hanno lasciato una importante testimonianza della Storia dell’Aviazione Italiana. Fulvio Chianese, Carlo d’Agostino e Roberto Rossetti si sono occupati della revisione dei diari e dei ricordi messi a disposizione dalle famiglie dei piloti.
La guerra è una cosa orrendaMa la cosa peggiore è che unoStato dai sentimenti morali e patriottici degradati e in sfacelo,pensi che niente sia peggioredella guerra.Un uomo cui non importi nulla al di fuori della propria salvezzapersonale è una creatura miserabile, che non ha alcuna speranza di diventare libero,a meno che non venga reso e mantenuto libero da uominimigliori di lui.John Stuart Mill(XIX secolo) i morti muoiono di più…..L’arpa birmana – film 1956regia di Kon Ichikawa(parole del protagonista serg. Mizushima)
Presentazione:
Questo libro è dedicato alla
Bandiera del Quarto Stormo Caccia. Si può dedicare un libro ad una
Bandiera e per di più ad uno stendardo di guerra? La dedica è
un pensiero riconoscente ad un amore, ad un affetto, spesso a chi non c’è
più, ma ha lasciato una traccia profonda nella nostra vita. Ebbene,
quando ancora mi capita di assistere al passaggio del Tricolore in testa
ad un picchetto di militari, provo ogni volta un brivido e una forte emozione!
Quando il comandante Fulvio Chianese mi ha pregato di scrivere qualcosa
sulla vita di mio padre per l’Associazione Culturale 4° Stormo di Gorizia,
confesso di aver avuto qualche dubbio. Raccontare episodi di guerra in
tempi, più che di pace, di pacifismo, non è di certo di grande
attualità. Mi sono anche chiesto se, quello che avrei poi pubblicato,
avrebbe potuto interessare qualcuno di più al di fuori di una ristretta
cerchia di conoscenti o di addetti ai lavori. Ho anche pensato alle difficoltà
che avrei incontrato nel mettermi a scrivere di cose aeronautiche. Poi,
piano, piano, è cresciuta in me la consapevolezza che tutti i ricordi
che possedevo: foto, filmati, documenti di quel periodo ormai consegnato
alla storia potessero, col tempo, essere dimenticati o, come spesso mi
dice Fulvio, finire mestamente in qualche bancarella di cianfrusaglie.
Chi non sa coltivare la memoria del passato, non avrà mai un gran
futuro, perché questo si costruisce anche col rispetto delle generazioni
che ci hanno preceduto. Ho pensato alle mie nipotine che stanno per nascere
e a quei nipoti che verranno e che avranno ricordi dei quali, da grandi,
potranno essere orgogliosi. Così mi sono messo a battere sui tasti
del computer riuscendo a mettere insieme un po’ di pagine nelle quali non
c’è posto per l’esaltazione fine a se stessa della guerra, ma per
il ricordo del sacrificio di tanti giovani piloti di entrambe le parti
prima in Spagna e nel secondo conflitto mondiale. Poi è cresciuto
in me il desiderio di unire idealmente non soltanto il ricordo delle gesta
di mio padre, ma anche di tutti quelli che furono al suo fianco in guerra,
dai suoi Comandanti, agli altri piloti, fino all’ultimo aviere. Così
ho pensato alla Bandiera di guerra del 4° Stormo, decorata di Medaglia
d'Oro e d'Argento, custodita nell’Ufficio del Comandante nella Base di
Grosseto che simbolicamente rappresenta il retaggio del Duca Amedeo d’Aosta,
di Francesco Baracca e del suo prestigioso emblema, il “Cavallino Rampante”
e, soprattutto il valore di tutti quei piloti che in pace e in guerra
hanno servito la Patria in questo magnifico Reparto Caccia. Bernardo Monti.
Sansepolcro 16 Gennaio 2010
Prefazione
“ Tutti noi amiamo la vita. Per lo
più fondiamo la nostra visione del mondo sulle cose che ci piacciono.
Se però continuiamo a vivere avendo disatteso al nostro progetto
esistenziale, siamo dei codardi”. Yamamoto Tsnunetomo Hagakure
Un diario di guerra, un pilota del 4°
Stormo. Un figlio orgoglioso del proprio padre, uomo, combattente e pilota
capace di analizzare e descrivere con sorprendente chiarezza la realtà
della guerra, il combattimento aereo. Queste pagine consegnano alla storia
fatti avvenuti lontano dalla Madre Patria, lontano nel tempo, ma quanto
mai attuali per chi oggi può avere l’onore di appartenere al Quarto
e di riconoscere nello spirito dei piloti e del personale di questo Reparto
dell’Aeronautica Militare valori e sentimenti che, lontani dall’essere
superati, animano e animeranno tutti gli appartenenti a questa grande famiglia
per sempre. Io ho questo privilegio. Ho l’onore di poter constatare tutti
i giorni, da quasi due anni, sulle facce, negli occhi, nelle parole e nel
quotidiano operare dei nostri militari, il senso di attaccamento alle
tradizioni e alla storia che ha fatto di noi ciò che possiamo permetterci
di essere oggi, grazie al sacrificio alla determinazione e alla volontà
di “servire” senza condizioni di chi ci ha preceduti. Noi del Quarto abbiamo
ereditato un importante bagaglio culturale fatto di esperienze, a volte
tragiche, di uomini consapevoli che, come noi, ma in condizioni certamente
più difficili, hanno operato con umiltà ed abnegazione fino
all’estremo sacrificio. Rivolgo a Bernardo Monti il plauso per aver assicurato
alla nostra memoria eventi e circostanze altrimenti destinate all’oblio.
Ringrazio l’Associazione Culturale 4° Stormo di Gorizia per la meritoria
opera di sostegno e divulgazione della nostra storia. Col. pil. Achille
Cazzaniga. Comandate del 4° Stormo dal 2008 al 2010
Figlio di pilota
che ero figlio di un pilota lo capii presto:
avevo cinque o sei anni, quando, un pomeriggio, circa alla metà
degli anni ’50, il babbo mi portò all’aereo club di Arezzo per volare.
Ricordo ancora quando mi prese per il bavero del cappotto per aiutarmi
a salire nell’abitacolo del Piaggio 148 (ma sarà stato veramente
il Piaggino, oppure un altro aereo?). Di quella breve esperienza ho pochi
ricordi, ma molto nitidi, volammo sopra Siena di cui mi rimase impressa
la vista della Piazza del Campo con la torre del Mangia. Non ci furono
tragedie o pianti, mi sentivo molto sicuro e orgoglioso, non avevo paura:
ero con mio padre. Solo dopo molti anni, capii che mio padre era stato
“qualcuno” in Aeronautica e mi resi conto del rispetto e della considerazione
che avevano per lui gli altri piloti ed i suoi subalterni con cui aveva
condiviso tanti episodi di guerra. La parentesi aretina fu breve e, già
terminata nel ’56, servì ad avviare la ricostruzione dell’Aero Club
nell’immediato dopoguerra. Diversi piloti si formarono in quegli anni;
due di loro, di Sansepolcro come mio padre, iniziarono a volare con lui,
che li accompagnava ad Arezzo in Topolino: Gianluigi Melandri e Gianni
Bartolomei. La motorizzazione dell’Italia non era ancora cominciata e percorrere
i trenta chilometri sino ad Arezzo era allora una vera impresa. Gianluigi
“Gigi” Melandri è stato quasi un secondo figlio “pilota” per mio
padre. Tra loro due ci fu sempre un virile rapporto fatto di profonda stima
reciproca, nato dalla condivisione degli stessi valori e principi di vita.
Gigi, entrato in Aeronautica Militare, fu istruttore di volo sino al suo
passaggio all’Alitalia, poi la sua carriera fu prematuramente stroncata
nel 1975 da un banale incidente in decollo, proprio all’aeroporto di Arezzo
e che lo costrinse alla carrozzella. Gigi, oggi non c’è più,
prematuramente scomparso per le complicazioni dell’incidente, ma lo ricordo
sempre con affetto fraterno.
Gorizia e il monumento al Duca
d’Aosta
Verso la fine degli anni ‘50 l’attività
dei “veci del Quarto", lo Stormo (allora era "Aerobrigata") intitolato
a Amedeo di Savoia Duca d’Aosta, fu presa dal progetto del monumento a
lui dedicato da realizzare nell’aeroporto di Merna. In quegli anni capitò
più volte a casa mia Toni Pocar per definire i dettagli dell'impresa
visto che lui allora era presidente dell’Aero Club goriziano. Pocar aveva
preso parte con mio padre, al corso allievi Ufficiali piloti della
2^ ZAT a Parma nel 1933, ove entrambi avevano conseguito il brevetto di
pilota militare. Scorrendo le foto degli allievi di quel corso si notano
diversi piloti che poi si fecero onore al 4° Stormo: la M.O.V.M.
Fortunato Cesari caduto in A.O., Vittorio Pezzè, Aldo Lanfranco,
Giuseppe Biron. Pocar, goriziano, era un tipo molto diretto, estroverso
e gioviale che arrivava a Sansepolcro con la sua Alfa Romeo Giulietta bianca.
A quel tempo mio padre era il Capo Calotta dei Vecchi piloti del 4°
e la nostra casa era divenuta un po’ il punto di riferimento per
l’iniziativa del monumento al Duca d’Aosta. Per chi sappia poco delle usanze
militari, la Calotta è l’insieme degli Ufficiali subalterni, meglio
se scapoli, di una caserma e l’Ufficiale più anziano ne è
il “Capo”. La Calotta organizza l’attività per così dire
mondana dei “calottini”, consistente per lo più in cene e feste
danzanti. Nel caso dei Vecchi del 4° il Capo Calotta era l’organizzatore
designato dei loro periodici raduni tenuti o a Grosseto alla base dell’allora
"4^ Aerobrigata" oppure, sul filo della nostalgia a Gorizia. Ad alcuni
di questi ho partecipato appunto in qualità di “autista” del Capo
Calotta conoscendo di persona moltissimi piloti dello Stormo. Ricordo anche
quello del 1975 a Gorizia che fu veramente una “rimpatriata”: ospiti
la sera prima dell’avvocato Devetag, cognato di Alvaro Bondi, insieme ad
altri Veci, fummo letteralmente “mitragliati” dalle battute di Aldo Gon.
Il giorno seguente il gen. Giuseppe D’Agostinis, di fronte al monumento
al Duca pronunciò un discorso forte e ricco di sentimenti di amor
patrio, richiamandosi alla memoria di quel luogo.Il realizzatore del monumento
fu l’architetto Paolo Caccia Dominioni (1896-1992) che venne anche lui
a farci visita nel 1960. Ricordo ancora nitidamente la sua aristocratica
figura che ispirava rispetto ed ammirazione. Di lui e della sua vita di
grande patriota è stato detto e scritto molto, ma qui voglio ricordare
soprattutto la sua missione di recupero delle salme dei caduti della battaglia
di El Alamein che condusse a guerra terminata e che si concluse solo con
la definitiva sistemazione del sacrario di Quota 33 da lui progettato.
Dal 1948 e per più di dieci anni Paolo Caccia Dominioni conte di
Sillavengo (con questo appellativo narra in terza persona le sue memorie)
condusse ben 241 missioni esplorative nei campi minati del deserto egiziano
in mezzo ai relitti della battaglia coadiuvato dal fido Chiodini e da manovalanza
araba. Percorse circa 360.000 km. di cui 100.000 in terreni minati, recuperò
e ricompose più di 1500 salme di cui un migliaio circa di soldati
italiani ignoti e tante appartenenti ai militari degli altri eserciti,
tedeschi ed alleati che si erano affrontati nella gigantesca battaglia
durata dal 23 ottobre al 3 novembre del 1942. Quando i reduci del 4°
decisero di affidare a Caccia Dominioni il progetto e la realizzazione
del monumento al Duca D’Aosta, fecero la migliore scelta possibile, per
la statura morale di quel nobile soldato che al comando del 31° Guastatori
aveva sostenuto il primo urto delle forze del Commonwealth e successivamente
condotto la difficile ritirata nel deserto. Oggi nel sacrario di Quota
33 riposano 4800 soldati italiani dei circa 5900 caduti ad El Alamein,
metà delle salme non hanno un nome e quelli che mancano alla mesta
conta, sono per sempre dispersi tra le sabbie del deserto. In un capitolo
del libro “ El Alamein 1933 – 1962 “ della Longanesi, un successo
editoriale degli anni ’60, Caccia Dominioni onora i piloti del 4° che
operarono sul quel fronte con base a Fuka. Le pagine raccontano del sacrificio
della MOVM cap. pilota Livio Ceccotti della 91^ Squadriglia che ,
attaccato in un combattimento da cinque P.40 (forse australiani del 3rd
Squadron RAF ), viene abbattuto e vilmente mitragliato mentre inerme scende
appeso al suo paracadute. Cadde così uno degli eroi di quello Stormo
che in Africa ebbe pesanti perdite combattendo contro forze nemiche enormemente
superiori. Al capitano pilota Livio Ceccotti originario di Poggio Terza
Armata (frazione del comune di Sagrado), Gorizia ha dedicato una via che
attraversa l’Isonzo nei pressi dell’aeroporto di Merna. Il monumento al
Duca d’Aosta è collocato in mezzo ad un ampio piazzale nel lato
est dell’aeroporto alla periferia sud di Gorizia (da quelli del 4°
l’ho sempre sentito chiamare aeroporto di Merna, questa piccola frazione
è finita prima in Jugoslavia e ora in Slovenia). Dall’altra parte
della statale 55, la strada del Vallone, è stato eretto un semplice
lapidario di marmo sul quale sono riportati i nomi dei caduti del 1°
e 4° Stormo. La figura del Duca si staglia netta nello spazio libero
del campo, il suo volto guarda verso l'Africa, passando per il castello
di Miramare dove risiedeva prima di trasferirsi in Etiopia e stringe sotto
il braccio il casco di volo. Il monumento venne inaugurato il 4 Novembre
1962 con una cerimonia alla presenza del Presidente della Repubblica Antonio
Segni e del Ministro della Difesa Giulio Andreotti. Di quei momenti ho
il ricordo nitido dei Sabre F-86 della P.A.N. che passarono sull’aeroporto
con una cabrata (causa il disgraziato confine) lasciando una scia nel cielo.
Ho anche il ricordo indelebile e che ancora mi causa un groppo in gola,
di mio padre che, in uniforme, si ferma su un ponte sul Piave (forse era
quello di San Donà) scende dalla “Seicento”, si mette sull’attenti,
con me e mia madre vicini e saluta militarmente. Probabilmente l’occasione
era quella, perché mi ricordo bene la divisa, ma a distanza di tanti
anni faccio un po’ di confusione. Di certo, mi ricordo che mi portò
anche al Sacrario di Redipuglia, sicuramente in un’altra occasione (la
divisa non c’era più) ma anche quella volta l’emozione fu tanta.
Molto bello fu quello del “Cinquantenario” nel giugno 1981 a Grosseto,
mio padre era purtroppo scomparso da un anno, vi partecipai insieme a mia
madre, invitati da Paolo Berti. In quella occasione si esibì in
volo il “205“ restaurato dalla Macchi emozionando chi lo aveva pilotato
nell’ultima parte del conflitto. Personalmente ebbi l’onore di essere presentato
ad un comandante del 4° dei tempi di Gorizia: Simone Pietro Mattei.
Il Duca d’Aosta
Amedeo di Savoia terzo duca d’Aosta (1898-1942)
fu viceré d’Etiopia, generale e comandante di Stormo, oggi è
ricordato come eroe dell’Amba Alagi. Nasce a Torino da Emanuele Filiberto
e da Elena di Borbone Orleans, studia da piccolo a Londra al St. Andrew
College. Quindicenne è allievo del Collegio della Nunziatella di
Napoli dove inizia la sua carriera militare. A sedici anni è
sul Carso soldato semplice volontario nel primo conflitto come servente
di una batteria a cavallo delle Voloire. Dopo la guerra si reca con lo
zio Luigi Amedeo, duca degli Abruzzi, in Somalia dove compie delle esplorazioni
nella zona dello Uebi Scebeli e dove contribuisce alla costruzione di un
tratto di ferrovia e del villaggio “Duca degli Abruzzi”. Studia poi in
Inghilterra, a Eton ed Oxford, apprendendo perfettamente la lingua. Dopo
un’esperienza di lavoro in Congo, forse dovuta ad una battuta sul re “sciaboletta”,
rientra in Italia, nel 1926, consegue il brevetto di pilota militare. Si
laurea in giurisprudenza presso l’Ateneo di Palermo, e nel 1927 sposa Anna
d’Orleans e da lei avra’ due figlie, Margherita e Maria Cristina. Nel 1931,
terminato il periodo in Libia, rientra in Italia, viene destinato al comando
del 23° Reggimento Artiglieria da Campagna a Trieste e prende dimora
nel Castello di Miramare. Alla morte del padre, 4 luglio 1931, eredita
il titolo di “Duca d’Aosta” e nel maggio del 1932 il Re autorizza il suo
passaggio nella Regia Aeronautica. L'11 maggio dello stesso anno, assume
il comando del 21° Stormo da Ricognizione Terrestre con sede a Gorizia
ed un anno dopo, il 1° maggio 1934, assume il comando del "4° Stormo
Caccia”. Il Duca quotidianamente si reca dalla sua residenza di Miramare
all'aeroporto "Egidio Grego" di Merna (Gorizia), lascera' in tutti il ricordo
di una grandissima umanità. Con l’esempio motivava piloti e specialisti
nell’impegno quotidiano a migliorarsi. Il Duca, “primus inter pares” non
si risparmiava e non accampava privilegi, pur essendo un principe di sangue
reale. Mio padre ne aveva una vera e propria venerazione e spesso con amarezza
confrontava la figura purissima di Amedeo d’Aosta con gli altri reali di
casa Savoia che, con la “fuga” a Pescara dell'8 settembre, non dettero
un grande esempio. Se è vero che i grandi comandanti fanno grandi
i loro reparti, il contributo del Duca a fare del 4° il reparto d’elite
della caccia italiana è stato determinante nel plasmarne la eccellente
professionalità, il coraggio dei suoi piloti ed il senso cameratesco
di appartenenza che tenne sempre unito lo Stormo anche nei momenti più
difficili e disperati del conflitto. Anche le vicende che lo videro soccombere
in Africa Orientale, dalla resistenza sul massiccio dell’Amba Alagi, la
resa con l’onore delle armi (quanto sarà costato agli orgogliosi
inglesi presentare le armi a dei valorosi soldati italiani?), la prigionia,
fino alla malattia che lo condusse a morte, sopportata con dignità
accanto alle sue truppe in un campo di concentramento in Kenia, furono
sempre presenti nella mente degli uomini del 4° e costituiscono ancora
addesso per tutti l’esempio a cui conformarsi.
Inizio di una carriera
Nella mia famiglia, prima di mio padre,
non ci sono mai state tradizioni militari e gesta guerresche che fossero
degne di essere tramandate. L’unico di cui mia nonna paterna Olga talvolta
mi parlava, era un suo bisavolo (o trisavolo?) che aveva combattuto nella
campagna di Russia con Napoleone ed era tornato dalla battaglia della Beresina
(novembre 1812) con un congelamento. In effetti un quadretto custodisce
la Medaille de Sainte Hélène con la quale, nel 1857, Napoleone
III volle ricompensare i reduci ancora viventi che avevano combattuto nelle
campagne napoleoniche dal 1792 al 1815. Il brevetto n° 726 della Grande
Chancellerie è intestato a Monsieur Monti (Joseph), Giuseppe, che
pur avendo il cognome di mio nonno Bernardo, era un avo di mia nonna. I
miei nonni Bernardo e Olga Mangoni erano infatti, molto alla lontana, parenti.
Mio nonno, classe 1879, al tempo della prima Guerra Mondiale era ormai
trentaseienne e non fu mobilitato e se lo fu (dopo Caporetto) di sicuro
era troppo occupato con i suoi commerci e con la famiglia per accorrere
al fronte. Mio padre Luigi nasce il 4 luglio 1911 a Sansepolcro ed è
l’unico maschio di casa preceduto da Genny (1907) e Laura (1909), lo seguiranno
poi altre due sorelle Fausta (1913) e Luisa (1917). I fratelli crescono
in un ambiente borghese e agiato. Mio nonno è un facoltoso commerciante
che ha clienti anche all’estero dove talvolta si reca, tratta soprattutto
pelli, ma anche agnelli, bozzoli di bachi da seta, lana, bacche di ginepro,
selvaggina, insomma tutti i prodotti dell’economia prevalentemente agricola
della provincia toscana dei primi del Novecento. Mio nonno era anche latifondista
avendo in proprietà ed in affitto numerosi poderi per lo più
di montagna. Per questi motivi la nostra casa, un palazzo nel centro di
Sansepolcro con granai, cantine e magazzini, era veramente un porto di
mare, quotidianamente frequentata da agenti di commercio, fattori e sottofattori,
contadini, operai e servitù. Probabilmente l’unico figlio maschio
era destinato a continuare l’attività paterna, ma come molti italiani
nati in quegli anni, il destino gli aveva riservato un bel po’ di anni
di guerra. La giovinezza di mio padre è abbastanza scapestrata,
non molta la voglia di studiare, di carattere facile ad infiammarsi, non
ci mette molto a menare le mani se lo provocano. Mio nonno si stufa e lo
manda in collegio al Tolomei di Siena. Crescendo si dà una calmata
e a Firenze si matura al Liceo Scientifico L. Da Vinci nel 1931 di
Firenze ove mio nonno nel frattempo ha preso in affitto un appartamento
in via de’ Neri e mio padre può studiare all’Università,
si è iscritto infatti ad Ingegneria. Gli affari però non
vanno più bene, colpa della “quota 90” decisa dal fascismo nei confronti
della sterlina e della successiva crisi mondiale del ’29. Mio nonno è
costretto a vendere una consistente parte del suo patrimonio per rientrare
dalla stretta creditizia e, pur mantenendo molti dei suoi beni, non sarà
più in grado di riavviare un commercio in grande stile. Del resto
i tempi stanno cambiando e l’autarchia strangolerà presto gli scambi
dell’Italia con l’estero.
A Campoformido
E’ in questo contesto che mio padre decide
di lasciare gli studi universitari per assolvere il servizio militare e
chiede l’ammissione al corso Allievi Ufficiali dell’Aeronautica. Il 10
aprile 1933 è ammesso alla Scuola Aviazione Breda di Sesto S. Giovanni
dove l’8 settembre 1933 è nominato pilota d’aeroplano su Ba. 25
bis. Dal 25 settembre del ’33 e fino al 19 ottobre dello stesso anno è
a Grottaglie alla 2^ Squadriglia della Scuola di Osservazione Aerea dove
al termine del corso ottiene il brevetto di pilota militare su A. 300/6.
Il 4 gennaio 1934 inizia a Campoformido il servizio di prima nomina alla
81^ Squadriglia del 1° Stormo, la comanda il cap. Mino Moscatelli:
sono undici mesi di attività di volo col C.R. 20 e poi col C.R.
Asso. Il libretto di volo riporta una lunga serie di voli di pattuglia,
acrobazia, tiro in volo e partenze su allarme per oltre 127 ore di addestramento.
Intanto la situazione internazionale si deteriora, l’Italia pensa alla
conquista dell’Etiopia che inizierà nell’ottobre del 1935. Mio padre,
che è rientrato alla vita civile riscrivendosi alla facoltà
di Economia e Commercio, viene mobilitato. Il 22 agosto del 1935 è
ad Aviano alla 1^ Squadriglia della Scuola Caccia, ma proprio per le esigenze
dell’Africa Orientale Italiana è trasferito a Ferrara alla 365^
Squadriglia da bombardamento dove resta sino a fine ottobre. Di sicuro
sarà stato un periodo di sofferenza sopportato con stoicismo, perché
certamente un pilota votato alla caccia non si sarà trovato a proprio
agio ai comandi di un S. 81. Fatto sta che mio padre conserverà
sempre una punta di ironia sui bombardieri, come poi testimonierà
in Spagna e probabilmente il periodo ferrarese ne è stata la causa.
Ma un santo protettore nelle vesti del Magg. Raoul Moore si ricorda di
quel tenentino che al 1° Stormo aveva avuto la bella idea di farsi
un voletto non autorizzato sul C.R. 30 e così mio padre torna alla
caccia. Finalmente di nuovo al 4° Stormo, a Gorizia, alla 90^ Squadriglia
comandata dal cap. Umberto Rovis, ma soprattutto dove i piloti volano sul
nuovo C.R. 32 che equipaggia da novembre tutto lo Stormo. Di questo velivolo
mio padre ha sempre parlato con entusiasmo, anteponendolo con ragione a
tutti gli altri perché le sue caratteristiche acrobatiche vengono
riconosciute unanimemente dai suoi piloti. Inoltre per quell’epoca, come
dimostrato, almeno per il periodo iniziale, dall’impiego bellico in Spagna,
era nettamente superiore agli altri caccia e, in seguito, solo il tedesco
Me. 109 lo poteva surclassare, ma non in maneggevolezza. Probabilmente
cio’ influì sulle scelte future della Regia Aeronautica, convinta
della superiorita’ del biplano sul monoplano, sottovalutando l'importanza
della potenza dei motori e l’armamento. E così da quel 25 novembre
1935 e per quasi dieci anni, mio padre resterà al 4° e alla
Scuola Caccia comandata dal col. Ernesto Botto che gli affidera' l'incarico
di direttore dei corsi. Solo per un breve periodo, dal maggio al
novembre ’36, è a Torino Mirafiori alla 367^ Sq. del 53°
Stormo Caccia, trasferito insieme al personale ed il materiale della 90^
Squadriglia. Il 13 giugno 1936, a Mirafiori ha un incidente di volo durante
un allenamento e si salva lanciandosi col paracadute senza riportare conseguenze.
La Guerra Civile Spagnola
Quando mio padre sbarca a Siviglia quel
Capodanno del 1937, la Spagna è preda della guerra civile ormai
da quasi sei mesi. Il 17 luglio 1936, con “l’alzamiento” delle truppe di
stanza nelle colonie in Marocco e comandate dal gen. Francisco Franco,
ha inizio ufficialmente il conflitto. Il giorno seguente, la ribellione
delle truppe nazionaliste si estende anche al territorio metropolitano.
In realtà sono almeno cinque anni
che la Spagna è insanguinata da una violenza strisciante, da quando
cioè il sovrano Alfonso XIII ha abbandonato il suo Paese, perché
sfiduciato dai partiti di sinistra a lui avversi e per la sconfitta dei
candidati monarchici alle elezioni del 1931. La politica del governo repubblicano
di Azana, che prefigura riforme di stampo nettamente marxista, scontenta
però l’altra Spagna, tradizionalista, conservatrice e cattolica.
Fu grazie all’appoggio delle forze cattoliche che le elezioni del 1933,
videro la netta affermazione delle forze di destra. Il nuovo governo cancellò
molte delle riforme del governo di sinistra ed in particolare quella agraria
che era stata in precedenza osteggiata dai grandi latifondisti. Questa
politica causò un’ondata di scioperi nel paese e la violenta
sollevazione dei minatori delle Asturie, che furono con altrettanta durezza
represse dall’esercito. Dopo una serie di crisi governative si giunse alle
elezioni del febbraio 1936 che videro la sconfitta delle destre e la vittoria
del Fronte Popolare. La vittoria elettorale (contestata dalle destre) scatenò
un periodo di violenze di piazza e vendette durante il quale militanti
comunisti e anarchici si resero responsabili di uccisioni di religiosi
cattolici. Ma la causa scatenante della guerra civile fu senza dubbio il
rapimento e l’assassinio del leader della destra Josè Calvo Sotelo.
Già ministro dell’industria nel periodo della monarchia, era stato
eletto deputato ma nel contempo il governo Azana lo aveva esiliato. Rientrato
grazie ad una amnistia, aveva condotto il fronte nazionalista contro
le sinistre nelle elezioni del 1936. La guerra civile spagnola fu dunque
non solo un “golpe” militare ma anche rivolta popolare. Le forze nazionaliste
riuscirono ad impadronirsi rapidamente delle principali città della
Spagna come Siviglia, Cordoba, Jerez de la Frontera, Saragozza, Oviedo,
ma Madrid e Barcellona restarono in mano repubblicana, con l’effetto di
causare una lunga e sanguinosa guerra con un fronte spezzettato in varie
zone del Paese. Franco si affrettò a chiedere aiuti a Germania e
Italia, mentre i repubblicani fecero altrettanto con Francia e Unione Sovietica.
Gli aiuti materiali che Mussolini fornì furono determinanti alla
vittoria finale dei nazionalisti e il contributo in vite umane fu altrettanto
importante. Dalla parte repubblicana vi fu un afflusso di volontari soprattutto
francesi ma anche di antifascisti italiani che però incisero marginalmente
sulle sorti militari delle operazioni, mentre quello che influì
moltissimo fu l’aiuto dell’Unione Sovietica di Stalin che sostenne la Repubblica
con il massiccio invio di carri armati ed aerei oltre che di piloti ben
addestrati e combattivi. La Regia Aeronautica, fiore all’occhiello del
regime fascista, non poteva che farla da protagonista nell’appoggio alla
Spagna nazionalista e fin dai primi giorni di guerra fu decisiva. Il 30
luglio 1936 dodici bombardieri S. 81 privi di insegne per non rivelare
l’appoggio italiano a Franco, decollarono da Cagliari Elmas per il Marocco
al comando del col. Bonomi: tra i piloti anche Ettore Muti, sponsorizzato,
si direbbe oggi, da Galeazzo Ciano, grande sostenitore dell’appoggio agli
spagnoli. Ma la segretezza non ci fu: causa il vento contrario, un aereo
scomparve in mare e due furono costretti ad atterrare in territorio algerino
controllato dai francesi, rivelando subito l’appoggio fascista agli insorti
nazionalisti. L’immediata attività degli aerei italiani consentì
di trasferire nel continente in relativa sicurezza reparti del Tercio e
“tabores” coloniali marocchini pronti a rinforzare gli insorti franchisti.
L'invio dei C.R. 32 in Spagna
Il 14 agosto a Melilla, sbarcano i primi
piloti della caccia insieme a dodici C.R. 32, essi compongono, insieme
agli specialisti, il personale di un squadriglia posta al comando del cap.
Vincenzo Dequal. I piloti provengono dai vari Stormi Caccia della Regia
Aeronautica, tutti volontari e addestrati alle scuole caccia di Campoformido
e Gorizia, vengono arruolati con nome fittizio nel “Tercio” la legione
straniera spagnola e ricevono un grado superiore. Il primo gennaio 1937
mio padre sbarca in Spagna, il suo nuovo nome e’ “Oreste Macchia”, tenente.
I piloti poco più che ventenni, sono militari di carriera forgiati
secondo le spirito combattivo voluto dal fascismo e desiderano misurarsi
in combattimento. Ma non sono solo queste le ragioni della loro adesione,
gli ufficiali hanno una buona cultura, alcuni come mio padre hanno frequentato
l’Università e la loro adesione al fascismo non è per niente
ideologica o fanatica, ma sanno che andranno a combattere contro il marxismo
e per la difesa della Spagna cattolica, ne sono consapevoli e lo fanno
con entusiasmo. Anche mio padre, che pur proviene da una famiglia di tradizioni
liberali e dove, come tuonava spesso mio nonno, “La politica non ha mai
dato da mangiare a nessuno!” ha fatto la sua brava trafila di avanguardista,
GUF e tutto il resto, intravedendo nel fascismo quella spinta al
rinnovamento ed alla modernizzazione di una nazione e di una società
ancora abbastanza arretrate. Una dittatura però controllata dall’istituzione
monarchica alla quale, in ultima analisi, i militari si sentivano vincolati
per giuramento. Questi sono i sentimenti che animano lui e gli altri piloti
quando sbarcano a Siviglia quel Capodanno del 1937.
Il diario
E’ scritto su un quaderno a quadretti
con la copertina nera lucida come quelli che, mi ricordo, giravano ancora
quando ero alle elementari. La grafia minuta e ordinata con pochissime
cancellature, è vergata con una stilografica blu. Il periodo riguarda
i primi tre mesi del 1937 sino al primo aprile, poi si interrompe e probabilmente
mio padre si è accontentato da allora del sintetico libretto di
volo. Il periodo è interessante perché riguarda le operazioni
sul fronte di Malaga e poi a marzo la sfortunata offensiva su Guadalajara.
Lo riporto senza alcuna correzione rispetto all'originale, se non il riquadro
nell'indicazione dell'azione, per mantenere intatto lo scritto, forse a
volte "crudo" in qualche espressione e con scarsa punteggiatura, che esprime
secondo me molto bene l'animo di un pilota che riporta le senzazioni, i
fatti, gli avvenimenti del momento in cui li riporta sul suo diario.
Dal diario personale di Luigi Monti
in Spagna
1° Gennaio 1937 xv
Sbarco a Siviglia dopo un ottimo viaggio
in mare della durata di 4 giorni con partenza dalla Spezia. Quantunque
le cabine sul piroscafo non fossero eccessivamente confortevoli tuttavia
l’allegria e il buon umore non vennero mai meno, neppure quando i vecchi
lupi di mare parlando di siluri, sommergibili e ammennicoli del genere
pensarono spaventarci. Appena sbarcati noi ufficiali abbiamo preso alloggio
all’Andalusia Palace albergo requisito e messo a disposizione degli Italiani
e Tedeschi. Io alloggio in un appartamento insieme a Giovannino, De Micheli
dorme nella camera della servitù. Nell’albergo ci sono molti grandi
di Spagna che sono rientrati per non subire la confisca dei beni. Sono
molto antipatici specie il ramo femminile. La prima impressione di Siviglia
non è eccellente. Si ha l’impressione che sia una città sporca.
L’architettura è quanto mai strana un miscuglio di molti stili sui
quali prevale l’arabo.
2 Gennaio 1937 xv
Visita alla città di Siviglia.
Andiamo in carrozzella nel Barrio di S. Cruz. Strade strettissime case
munite tutte di patio ingressi pulitissimi, piccoli giardini di aranci.
I venditori si recano alle case portando la loro merce entro grandi ceste
appese sulla groppa di muletti. Vedo circolare per la città donne
di statura piccola ma con degli occhi incantevoli. Incontro anche donne
bellissime. Viene proiettato un film e offerto un the in onore degli Italiani.
Interveniamo noi e le tremila Camicie Nere che sono in città da
otto giorni.
3 Gennaio 1937 xv
Siamo in attesa del Sig. Generale Velardi
che venga a darci ordini. Ci diamo a fare acquisti tanto per impiegare
in qualche modo le pesetas che non sappiamo come portare in Patria.
4 Gennaio 1937 xv
Al campo visito l’officina impiantata
dai tedeschi per riparare i loro apparecchi, ne apprezzo l’importanza dai
lavori che stanno eseguendo. Mi avvicino ad un caccia per esaminarlo ma
vengo allontanato da una sentinella. Noto le differenze di organizzazione
tra la nostra e l’alemanna, quest’ultimi infatti sono organizzati con mezzi
e materiali proprio fin nei minimi particolari e si presentano soprattutto
pronti alla conquista del mercato economico. Vado a trovare il sottotenente
Ferrari che è all’ospedale ferito ad una spalla in combattimento,
sono con me Giovannino e Larsimont.
5 Gennaio 1937 xv
Dal generale nostro comandante abbiamo
appreso che partiremo il giorno 6 per il fronte di Madrid. Non occorrono
presentazioni perché siamo tutti vecchie conoscenze. Prima di partire
ci tiene un discorsetto che a differenza di quello del colonnello ci tira
su il morale, sempre altissimo però! Partiremo tutti noi di Mirafiori
(solo i piloti) più il tenente Mezzetti capitanati dal comandante
Francois. La partenza viene fissata per le ore 8. La destinazione è
il campo di Torrijos a pochi km da Madrid.
6 Gennaio 1937 xv
Partiamo armati fino ai denti dato che
la strada in molti punti passa molto vicino ai rossi. Quasi subito ci accorgiamo
che i “Requetè” che dovrebbero condurci a destinazione non sono
all’altezza del loro compito ci prendiamo quindi la guida delle due Balilla
e delle due 618. Dobbiamo allungare per Caceres per non finire in mano
ai rossi. Ho modo di conoscere così buona parte della Spagna. Nelle
zone attraversate debbo riconoscere che l’agricoltura non è in buon
uso, la popolazione è molto scarsa e i paesi che incontriamo hanno
costruzioni edilizie mediocri, sono però tutti provvisti de la plaza
de los toros. Arriviamo a destinazione solo alle 21 accolti con gran giubilo
da tutti quanti che sono vecchie conoscenze di Campoformido e Gorizia.
7 Gennaio 1937 xv
Luogo eOra part. Luogo eOra arrivo Quota
Tempo di volo Scopo del volo
Torrijos 3711.00 Torrijos 3711.50 1500
50 Crociera per Toledo Getafe Escalona
Torrijos 3713.30 Torrijos 3715.30 3500
120 Vigilanza sul campo
Volo in vista della Capitale spagnola
prendo visione dei confini del fronte.
La formazione che si assume è quella
di ala destra, a mio parere non è buona specie se è fatta
da 6 apparecchi per squadriglia. L’aviazione avversaria da diverso tempo
non svolge più attività in grande si limita a qualche scorreria
di apparecchi isolati da bombardamento che finiscono generalmente per scaricare
le bombe fuori dall’obiettivo o per paura di qualche Fiat da caccia avvistato
o per non avere la posizione esatta dei campi generalmente irriconoscibili
specie se in quota. Alla sera vado a Toledo ed ho modo di vedere i resti
delle barbarie rosse.
8 Gennaio 1937 xv
Torrijos 3714.05 Torrijos 3715.45 3000
100 Scorta Junkers e Ro 37 su Fuencarral
E’ questa la mia prima azione di guerra
essa è priva assolutamente di emozioni poiché nessun avversario
si leva a contrastare l’azione dei due bombardieri e dei 5 Romeo da ricognizione.
Come avevo previsto debbo costatare che la formazione in ala è troppo
pesante e non dà ai gregari la possibilità di guardare bene
in giro per scoprire gli avversari. Vado a Talavera de la Reina e trovo
i vecchi compagni dell’aeroporto di Gorizia.
9 Gennaio 1937 xv
Torrijos 3715.00 Torrijos 3716.20 3000
80 Crociera protezione truppa sul fronte di Madrid
Anche in questa azione non ho avuto il
piacere di vedere apparecchi rossi nemmeno per poter osservare come sono
fatti quantunque mi siano stati descritti fin nei minimi particolari. Alla
sera mi reco a Toledo per fare acquisti.
10 Gennaio 1937 xv
Torrijos 3707.00 Torrijos 3709.00 3500
120 Crociera vigilanza sul campo
Oggi domenica c’è riposo, non si
fanno azioni. Si raddoppierà la vigilanza sul campo.
12 Gennaio 1937 xv
Sono lievemente febbricitante a causa
d’una foruncolosi acuta. Continua l’inattività a causa del tempo.
13 Gennaio 1937 xv
I medico che mi cura, uno spagnolo mi
fa veramente pena. Niente azioni di guerra per il tempo cattivo.
14 Gennaio 1937 xv
Interviene sui miei foruncoli un altro
dottore un “Requetè” che avevamo portato da Siviglia, ci sa fare
un po’ di più me ne taglia uno. Il tempo continua nebbioso.
15 Gennaio 1937 xv
Arriva il Sig. Generale in visita al fronte.
Continua l’inattività a causa delle condizioni atmosferiche.
16 Gennaio 1937 xv
Vengo a sapere che ci sposteremo sul fronte
Sud per costituire un nuovo Gruppo al comando del Sig. col. Canaveri.
17 Gennaio xv
Alla vigilia della partenza mi incidono
l’ultimo foruncolo. Prevedo un pessimo viaggio date le mie condizioni di
salute. Nondimeno è molto meglio la comitiva del Sud che quella
del Nord il cap. Francois ha saputo prendersi quegli elementi di sicuro
rendimento.
18 Gennaio 1937 xv
Parto febbricitante e arrivo alquanto
malaticcio. Vado a farmi medicare all’ospedale della Croce Rossa e mi metto
a letto. Con tutta probabilità l’origine di questi foruncoli è
dovuta al cibo che non è proprio adatto per i nostri intestini.
19 Gennaio 1937 xv deq352f, bas007, bas015
Nell’albergo c’è più o meno
la medesima gente che ho lasciato quando sono andato sul fronte di Madrid.
Quelle quattro stronze di profughe piene di arie e vuote di cervello sono
ancora monopolio del ten. Baduel e Magg. Nuvoli che continuano a fare i
pomicioni in grande stile a detrimento talvolta del compito che è
stato loro affidato. Il cap. Venanzi altro bel tipo da rimpatrio accelerato
ha alquanto abbassato la cresta all’arrivo del Sig. generale Velardi. C’è
molta gente da rimpatriare urgentemente poiché non servono a niente
ed hanno per giunta tutto l’aspetto di vittime ce ne sono di quelli poi
che non hanno proprio nessun compito precisato a giudicare almeno da quanto
fanno.
20 Gennaio 1937 xv
La mia foruncolosi va migliorando e così
spero di riprendere presto i voli. Sono state sorteggiate le squadriglie
ed io sono stato assegnato a quella comandata dal cap. Dequal. Lasceremo
presto Siviglia per andare in un campetto tutto per noi.
24 Gennaio 1937 xv
Oggi è domenica piove a dirotto
siamo rimasti tutto il giorno nella casa che il mecenate ha messo a nostra
disposizione.
25 Gennaio 1937 xv
Continua il maltempo che aumenta d’intensità.
La strada per Siviglia è in uno stato pietoso.
26 Gennaio 1937 xv
Sempre come prima. Nella villa si è
allegri e si preparano strofette per domani dato che saremo ospiti a pranzo.
27 Gennaio 1937 xv
Il tempo peggiora ancora l’ufficio presagi
comunica che sta per soffiare un vento di 200 km. Ora, con il Sig. Generale
incazzatissimo ci rechiamo sul campo ad ormeggiare gli apparecchi, una
sgobbata sotto il vento e l’acqua a suon di moccoli si rientra in villa
bagnati come pulcini dopo le due. Il generale Rossi nostro ospite attende
impaziente l’ora del pranzo. Finalmente possiamo metterci a tavola il pranzo
è racchietto in compenso attacchiamo le strofette e canti vari che
rimettono il buonumore il generale canta con noi visibilmente compiaciuto
del nostro spirito.
28 Gennaio 1937 xv
Campo Fiat10.15 Tablada10.20 5 500 Trasferimento
Tablada12.20 Tablada13.35 75 4000 Vigilanza
su Tablada
E’ giunto l’ordine di rientrare a Siviglia
quantunque il maltempo non abbia danneggiato affatto i nostri apparecchi
mentre ha spostato e danneggiato 4 S. 81. Faccio una crociera sul campo
e così mi vedo un po’ la città e l’aspetto del terreno vicino.
29 Gennaio 1937 xv
Tablada09.00 Tablada11.15 135 2500 Crociera
di protezione sul fronte di Antequera
Parto con Radaelli e Avvico gregari individuo
la truppa a riposo su Lucena incrocio sopra per il tempo ordinatomi. Al
ritorno andiamo incontro al maltempo sono senza bussola e la carta è
insufficiente sono a 100 metri da terra riesco ad attaccarmi a una via
asfaltata e a rientrare a Siviglia senza benzina. Il comandante Dequal
era già preoccupato tanto più che ben sei apparecchi dei
nove che erano andati a scortare gli S. 81 a Virgen de la Cabeza non sono
rientrati. La sera dalla radio rossa di Madrid apprendiamo che un apparecchio
col pilota deceduto è a Virgen de la Cabeza due sono prigionieri
e hanno atterrato bene a Sud est di Don Benito un altro apparecchio
è ancora più a Est. I piloti sono il s.ten Cenni col serg.m.
Trombotto e Grimoldi e il s.ten Pesce col serg.m. Bandini e serg. (Mario)
Bernocchi (nome di copertura: Edoardo Semprebene). Di due piloti non si
hanno notizie.
30 Gennaio 1937 xv
Il maltempo ci impedisce di volare. Dei
piloti scomparsi non si hanno altre notizie. Il gen. Rossi con gesto molto
simpatico si è offerto di persona e con mille uomini per fare una
avanzata decisa e liberare gli eventuali prigionieri.
31Gennaio 1937 xv
Non si vola. Si apprende che gli altri
piloti sono tutti prigionieri poiché la sorte di essi è quanto
mai oscura penso con dolore che ben sei famiglie sono in lutto per
l’incapacità dei nostri bombardieri. Il responsabile di quella disgraziatissima
spedizione effettuata con esito militare negativo è il ten.col.
Raffaelli del 9° Stormo da Bombardamento.
1 Febbraio 1937 xv
Tablada11.30 Tablada13.40 130 1000 Crociera
protezione fronte di Antequera
Continuo con queste protezioni inutili
per le condizioni del tempo quanto mai avverse per improvvisate aeree del
nemico.
2 Febbraio 1937 xv
Tablada14.45 Tablada16.15 90 3000 Crociera
di protezione sul fronte di Ronda
Questa volta sono gregario di Mantelli
insieme al serg.m. Berretta la giornata è magnifica, scortiamo tre
Breguet da dove ci troviamo possiamo vedere in lontananza benissimo Malaga.
Dato le pessime carte che abbiamo cerco di imprimermi meglio che sia possibile
la conformazione del terreno.
3 Febbraio 1937 xv
Tablada10.50 Tablada12.30 100 3000 Crociera
di protezione sul fronte di Ronda
Tablada16.00 Tablada16.30 30 500 Decollo
sul Ro 41
Questa volta ho come miei gregari il s.ten
Aurili e il serg.m. Drigani, la colonna di Spagnoli è allo stesso
punto
di ieri, i Breguet continuano a mollare una bomba alla volta e a non colpire
il bersaglio. Aurili mi fa arrabbiare perché tiene una posizione
sbagliata. Al pomeriggio decollo sul Ro 41 che trovo quanto mai inservibile
in guerra, mi domando che cosa l’hanno mandato a fare in Spagna e ne deduco
cause e ragioni quanto mai personali che preferisco tacere.
4 Febbraio 1937 xv
Tablada15.40 Granada16.35 55 1000 Siviglia
- Granada
Il tempo solo al pomeriggio ci permette
la partenza. A Granada ci sono gli altri piloti del gruppo Signorelli (nome
di copertura del t.col. Alberto Canaveri) noi siamo gli ultimi arrivati.
Alloggiamo all’albergo Alameda. La popolazione di questa piccola città,
sita in una grande conca a 700 m.s.m. ai piedi della Sierra Nevada, è
quanto mai cordiale e nutre una viva simpatia per noi piloti italiani.
L’impressione che ne riporto è quanto mai buona.
5 Febbraio 1937 xv
Granada09.50 Granada10.40 50 3000 Partenza
su allarme
Granada12.10 Granada12.35 25 1500 1500
Partenza per crociera ed atterraggio per contrordine
Granada14.55 Granada15.45 50 3000 Scorta
Savoia su Colmenar
Da uno squarcio di sereno lontanissimi
vediamo degli apparecchi si parte in gran premura fatta quota in direzione
ne vedo in lontananza sul mare verso Velez-Malaga sono tre apparecchi grossi
in formazione a cuneo e alla loro sinistra cinque più piccoli in
ala destra. Ritengo trattarsi di Martin oppure Potez e cinque Curtiss.
Ad ogni modo visto che non possono passare tornano indietro. Al pomeriggio
parto in ritardo e non riesco a trovare gli altri per fare la scorta così
torno indietro insieme al serg.m. Avvico che era partito con me.
6 Febbraio 1937 xv
Granada16.25 Granada17.35 70 3500 Scorta
Ro 37 e crociera di protezione sul fronte di Alhama e Colmenar
Si continua a fare crociere di protezione
durante l’avanzata delle nostre camicie nere lungo la strada che da Antequera
Loja e Alhama conducono a Malaga. Il cap. Colacicchi effettua un bombardamento
e mitragliamento a bassa quota. Nell’avanzata delle nostre colonne oltre
le nostre crociere di scorta e di protezione di truppa il bombardamento
in una azione su Colmenar ha sbagliato paese e quello bombardato non è
stato colpito. I Ro 37 hanno erroneamente bombardato Alhama facendo vittime
si dice solo spagnoli, il gregario di questo ufficiale non ha sganciato
le bombe essendosi accorto di non essere sul bersaglio.
7 Febbraio 1937 xv
Granada14.15 Granada16.30 135 3500 Crociera
di protezione sul fronte di Malaga
La nostra truppa è alle porte di
Malaga. I Ro 37 ne combinano una seconda bombardano erroneamente i nostri
che sono già molto avanti facendo vittime. In tre giorni le nostre
colonne sono giunte a Malaga la città dall’alto appare deserta le
colonne di camion si snodano rapidamente sulle strade in discesa che conducono
alla città i nostri bravi soldati sono preceduti dai carri armati
leggeri che spazzano ogni resistenza rossa.
8 Febbraio 1937 xv
Approfittiamo dell’entrata delle truppe
in Malaga per fare un giorno di riposo. Quattro ore di crociera al giorno
a 4000 metri affaticano alquanto. La popolazione di Granada ci fa una dimostrazione
calorosissima di affetto e di simpatia, si grida viva il Duce l’Italia
gli aviatori italiani. Andiamo a visitare l’Alhambra magnifico monumento
di arte araba.
9 Febbraio 1937 xv
Granada08.00 Granada10.00 120 4000 Crociera
di protezione sul fronte di Velez-Malaga
Granada15.50 Granada17.45 115 4000 Crociera
di protezione sul fronte di Velez-Malaga
Le nostre colonne riprendono l’avanzata
lungo la strada costiera. Gli S. 81 che dovevano bombardare la strada hanno
sbagliato come al solito il bersaglio per buona fortuna dei nostri soldati
che erano avanzati fino a quel punto. L’aviazione rossa durante tutte le
operazioni della presa di Malaga ha ritenuto meglio non farsi vedere.
10 Febbraio 1937 xv
Andiamo con 4 “coche” a Malaga. A Loja
incontriamo un camion di prigionieri rossi. Sono buffissimi a vederli salutare
romanamente tutta questa popolazione che ha salutato sempre col pugno chiuso.
Malaga è devastata i negozi intatti sono quelli dei rossi le facce
in circolazione non sono per niente rassicuranti all’aeroporto trovo dei
manifestini dei rossi. Vari cadaveri giacciono per le strade sono i primi
rossi “limpiati” le macchine fotografiche non fanno che lavorare accanitamente,
si sembra tanti giornalisti.
11 Febbraio 1937 xv
Granada07.50 Granada09.10 80 3500 Crociera
di protezione fronte di Motril.Combattimento con 2 Potez e 5 Curtiss. Abbattuto
un Potez
Granada11.50 Granada14.00 130 4500 Crociera
di protezione fronte di Motril. Inseguimento e fuga di due Martin
Giornata densa di avvenimenti. La sveglia
ci viene suonata da due Martin Bomber che hanno bombardato il campo una
bomba è caduta nel mezzo non si lamentano però danni né
al materiale né alle persone. Si va in volo Mantelli con due gregari
io dietro con un altro di rinforzo. Si gira sul fronte ad un certo momento
il mio gregario va verso il campo poiché il motore va male io mi
aggrego alla prima pattuglia. Ad un tratto mentre stiamo girando Mantelli
batte le ali e punta al largo sul mare facendo quota io da ultimo gregario
di destra passo vicino a Mantelli e gli chiedo che cosa ha visto lui mi
risponde che si tratta di due apparecchi ma che non sa se sono Martin o
Potez e che ritornano indietro perché ci hanno veduti. Puntiamo
su Malaga intanto io provo le armi solo le alari perché sui nastri
di quelle in fusoliera ci sono ancora le pallottole esplosive, magnifica
invenzione dei nostri capi per mandarci in mano ai rossi, infatti l’80%
di questi proiettili che sarebbero utilissimi scoppiano appena fuori dalla
canna spaccando tutto quello che incontrano. Io gli apparecchi non li ho
ancora veduti ad un tratto Mantelli gira rapidamente e si tuffa io seguo
a ruota aspettando di vedere qualcosa ad un tratto piega a sinistra io
faccio altrettanto e proprio in quel momento vedo sbucare davanti al muso
del mio Fiat, bellissimo, per grandezza e per la vivacità di quei
due dischi rossi dipinti sulle ali, un Potez da bombardamento. L’effetto
è stato tale che ho iniziato a sparare un attimo prima di Mantelli
i miei colpi, le traccianti me lo dicono, vanno a finire sull’estremità
dell’ala destra ed alcuni anche fuori poiché il pilota ha piazzato
un magnifico virage a 90°. Alla seconda puntata sono molto più
esatto e sparo più da vicino anche i colpi di Mantelli vanno a segno
alla terza puntata mi sono trovato solo, non vedevo altro che il mio apparecchio
e quello dell’avversario che virato di quasi 180° aveva cercato scampo
gettandosi verso il mare. Vana speranza la sua perché io non intendevo
assolutamente mollarlo neppure per un istante. Calmata la foga dei primi
momenti ho continuato a fargli puntate addosso regolando all’ultimo della
puntata la mia velocità con la sua e sparando osservavo come le
pallottole almeno le traccianti andassero tutte bene a segno. Per mia buona
fortuna che sparavo da 200 metri a zero cioè fin proprio alla coda
perché altrimenti con quelle genialissime armi alari non gli avrei
fatto neppure il solletico dato le fortissime vibrazioni che sollecitavano
le canne. L’avversario continuava con mia grande meraviglia ad incassare
pallottole ad un tratto ha avuto un movimento brusco che mi ha fatto sperare
di vederlo precipitare ma si è rimesso. Io ho continuato a sparare
finchè ho avuto colpi verso la fine della mia sparatoria i due motori
hanno cominciato a lasciare due strisce di fumo nero. Abbandonato l’avversario
alla sua sorte mi sono accorto di essermi internato moltissimo in territorio
rosso e di essere rimasto solo, l’acqua del motore era andata a finire
a 110° allora mi sono appoggiato verso la terra facendo quota proprio
in quel momento più alti sparpagliati davanti a sinistra cinque
apparecchi in distanza mi sembrano Ro 37 poi li osservo meglio sono piccoli
tozzi mobilissimi il capo sta sbattendo le ali uno mi passa di traverso
sulla fusoliera sta dipinto un grandissimo disco rosso, ogni dubbio è
scomparso sono cinque Curtiss dal loro sparpagliamento capisco che hanno
avuto combattimento ma con chi? intorno non c’è nessuno mi trovo
in territorio rosso sono io solo e loro cinque col coraggio della disperazione
penso di vendere a caro prezzo la pellaccia se attaccato, provo a sparare
con le armi in fusoliera fregandomi delle esplosive le armi non sparano
riarmo rapidamente e quelle continuano a non sparare, allora passo la tana
e faccio quota spiando le mosse dei cinque avversari per mia buona fortuna
quelli hanno continuato a planare dritti nel loro territorio e io tirai
un profondo e sentito sospiro. Al campo tutti erano intorno al primo atterrato
al mio giungere tutti mi sono intorno interrogando io invece continuavo
a bestemmiare contro gli armieri e contro l’inventore del quadriarmi. Per
primo aveva atterrato il serg.m. Drigani che aveva abbattuto l’altro Potez
poi io che ho raccontato come sopra in seguito il serg. Cova che aveva
veduto un Fiat inseguito da 3 Curtiss e poi due erano saltati addosso a
lui così era rientrato di Mantelli nessuna notizia e non rientrava.
Esaurita l’autonomia dell’apparecchio cominciano le preoccupazioni consiglio
al Sig. Colonnello di chiedere informazioni alle navi che debbono necessariamente
aver seguito le evoluzioni del combattimento. Verso mezzogiorno apprendiamo
infatti che un Fiat ha capottato sulla spiaggia a sud di Motril in territorio
che fin dal giorno prima era dato per nostro. Faccio intanto una seconda
crociera durante la quale avvistiamo col cap. Limonesi due Martin Bomber
che inseguiamo e mettiamo in fuga evitando così il bombardamento
o di Malaga o di Velez-Malaga raggiungerli è impossibile poiché
sono più veloci di noi. Alla sera il Sig. Colonnello Canaveri è
venuto a felicitarsi con me essendo stato visto cadere l’apparecchio da
me seguito e mitragliato a 12 km. da Almeria in mare. Ottenevo così
al primo combattimento la prima vittoria mentre Mantelli ne contava 12.
Mantelli incolume era con i nostri soldati. Si avevano poi altre notizie
interessanti, il pilota morto a Virgen de la Cabeza è Luigi Grimoldi
(nome di copertura: Luigi Coppa) di Trombotto fatto prigioniero
non si sa nulla mentre gli altri e cioè Cenni Pesce Bandini Bernocchi
stanno bene ma non si hanno notizie più dettagliate.
12 Febbraio 1937 xv
Granada13.55 Granada15.55 120 400 Crociera
di protezione sul fronte di Motril
Durante questa crociera non avviene
nulla di notevole, gli avversari particolarmente i cacciatori debbono
essere ben soddisfatti d’essersi fatti abbattere i due bombardieri che
scortavano. Alla sera rientra Mantelli il quale ci narra le sue peripezie.
Uscito infatti illeso dalla capottata si era trovato in una zona piantata
a canne da zucchero infestata dai rossi, due di questi gli si erano avvicinati
chiedendogli se fosse aviatore russo e salutandolo alla sua affermazione
col pugno chiuso. Dopo molte peripezie era riuscito a raggiungere la nostra
colonna che si trovava sulla strada di Motril. “Muchos ojos!” Gli avevano
raccomandato i rossi nell’indicargli la strada per sfuggire agli italiani
ed il Mantelli ne aveva fatto grato tesoro!
13 Febbraio 1937 xv
Granada07.45 Granada09.45 120 400 Crociera
di protezione al fronte di Motril
Granada11.40 Granada13.50 130 5000 Vigilanza
sul campo
Continua la snervante vigilanza senza
incontrare nessun avversario.
14 Febbraio 1937 xv
Granada13.20 Granada15.20 120 5000 Crociera
di protezione sul fronte di Motril
Sul nostro fronte continua a non esserci
niente d’interessante. Alla sera ci giunge notizia di un combattimento
avvenuto sul fronte di Madrid il cap. Lodi è morto in combattimento,
mancano notizie più dettagliate.
15 Febbraio 1937 xv
Granada10.05 Granada12.05 120 5000 Crociera
di protezione sul fronte di Motril
Granada15.00 Granada17.00 120 5000 Crociera
di protezione sul fronte di Motril
Continuano le crociere senza trovare un
avversario sappiamo che sono in Almeria ma non vengono più nelle
nostre linee.
16 Febbraio 1937 xv
Granada10.15 Granada12.15 120 4500 Crociera
di protezione sul fronte di Motril
Nel pomeriggio tutta la squadriglia parte
in volo per rientrare a Siviglia dove finalmente i “quadriarmi” diventeranno
“biarmi”. Io rimango in attesa che sia efficiente un apparecchio al quale
cambiano il motore. Debbo faticare molto prima di mettere in marcia l’autocolonna
col materiale e gli specialisti.
17 Febbraio 1937 xv
Granada16.45 Sevilla17.30 45 2000 Granada
- Siviglia
Con molto lavoro riesco a far partire
al mattino tutto il personale specializzato che rimane. Alla “Comandancia
Militar” un capitano si meraviglia di tanta urgenza e non comprende che
noi italiani non possiamo andare con la loro calma e apatia. Nel pomeriggio
anche il mio apparecchio è pronto l’ultimo camion è caricato
parto e subito dopo di me i miei ultimi specializzati prendono la via del
ritorno. Si chiudono così le nostre operazioni sul fronte Sud. A
Siviglia trovo la solita abituale baraonda, con grandissima difficoltà
riesco a trovare una camera, ci sono i soliti sfaccendati piloti imboscati
e caporioni dei servizi sempre pronti a giurare che sono stanchi di non
combattere e che si faranno mandare magari in fanteria?! Tutta gente pronta
a chiedere il rimpatrio qualora venisse fatta sloggiare dai soffici tappeti
dell’Andalucia Palace. Farabutti imboscati dei servizi, che continuano
a non funzionare, gente ignobile che si annusa lontano un miglio disposti
a favorirsi ad personam un’auto che potrebbe maggiormente servire a dei
piloti. Questo è l’esercito che ci guarda le spalle!
18 Febbraio 1937 xv
Si lavora febbrilmente al campo per trasformare
gli apparecchi.
19 Febbraio xv
Come il giorno precedente. Approfittando
di Berretta che rimpatria metto mano ad una lettera per il magg. Moore.
20 Febbraio 1937 xv
La temperatura di Siviglia in questo periodo
è addirittura estiva al campo i nostri specialisti lavorano a torso
nudo. I superiori Comandi premono perché si faccia al più
presto il trasferimento da Siviglia a Soria nel fronte Nord ove ci saranno
le prossime operazioni. Avviene intanto un altro piccolo rimpasto al personale
sia pilota che specializzato il cap. Viola andrà infatti a comandare
la II Squadriglia a Torrijos e il personale della 6^ viene suddiviso fra
il cap. Martori e il cap. Limonesi.
21 Febbraio 1937 xv
La lettera per il magg. Moore è
terminata e consegnata al latore. Alla sera apprendo che il mio trasferimento
avverrà a mezzo auto perché dovrò organizzare la partenza
dell’autocolonna. Ho modo ogni giorno di più di controllare quanto
marcio esiste nel reparto degli imboscati. I nostri bombardieri dopo i
recenti trionfi di precisione ostentano una certa superiorità.
22 Febbraio 1937 xv
Organizzo il personale specializzato rimasto
per partire con l’autocolonna che è stata messa a disposizione.
Si vogliono fare le cose in perfetto ordine e si fa invece una grande confusione.
23 Febbraio 1937 xv
Parto finalmente anch’io in Balilla col
magg. Casetti (Casero). Abbiamo con noi anche il “Requetè” autista
del Colonnello che ci dà larga prova della sua cretinaggine lungo
il viaggio. Pranziamo a Madrid e alla sera dormiamo a Salamanca. A Salamanca
ammiro una bella piazza quadrata e antichi palazzi. Ci sono moltissimi
aviatori tedeschi in albergo poiché Salamanca è il quartiere
generale degli Junkers.
24 Febbraio 1937 xv
Lasciata Salamanca ci dirigiamo alla volta
di Soria. A Valladolid ho modo di ammirare un bel monumento a Cristoforo
Colombo la città ha un aspetto ben differente da tutte le altre
sembra una cittadina industriale dell’Europa centrale. Gran parte di questo
viaggio si svolge come il giorno innanzi fra sterminati altipiani leggermente
ondulati di colore rosso cupo rara la vegetazione. A Soria apprendiamo
che la squadriglia del cap. Francois è già ad Almazan. La
mia squadriglia si tratterrà invece ancora qualche giorno perché
mancano gli alloggi.
25 Febbraio 1937 xv
Soria15.15 Soria16.15 60 4000 Vigilanza
sul campo
Il campo di Soria è naturale e
di dimensioni smisurate al pomeriggio approfittando di un po’ di tempo
buono mi faccio un voletto guardo un po’ la zona. A Soria l’ambiente è
affatto simpatico siamo in troppi e poi dove c’è il bombardamento
non mi ci sento bene. Tutti attendiamo con ansia di poter partire.
26 Febbraio 1937 xv
Soria10.40 Soria12.10 90 4000 Vigilanza
sul campo
Il tempo è sempre variabile tira
molto vento piove e si rasserena si attende sempre il trasferimento.
27 Febbraio 1937 xv
Soria10.45 Almazan10.55 10 1500 Trasferimento
Soria – Almazan
Si parte con un vento terribile ad Almazan
si è costretti ad atterrare col vento di fianco. Steffan in atterraggio
capotta. Il tempo non promette niente di buono.
28 Febbraio 1937 xv
Sono alloggiato con Aurili in casa di
un dottore di Almazan di nome Agreda. Sono molto gentili ma la stanza è
piuttosto fredda. Il tempo peggiora sempre.
1 Marzo 1937 xv
Si comincia a notare un certo intralcio
nell’organizzazione logistica del personale i nostri autisti non sono in
grado di tenere efficienti gli automezzi per incapacità professionale.
2 Marzo 1937 xv
Si sta lavorando per organizzare la mensa
al campo per tutti gli specializzati e sottufficiali si montano delle tende
ma il tempo è sempre pessimo.
3 Marzo 1937 xv
Il tempo peggiora sempre nevica fa un
freddo terribile.
4 Marzo 1937 xv
Continua come sopra si va a caccia per
far giungere la sera.
5 Marzo 1937 xv
Almazan10.10 Almazan10.30 20 1500 Partenza
su allarme
Passa sul campo un apparecchio che non
si capisce bene di chi si tratti parto in volo e lo raggiungo è
una avionetta nostra.
6 Marzo 1937 xv
Altro giorno di maltempo il campo è
reso impraticabile
7 Marzo 1937 xv
Almazan14.10 Almazan15.40 90 400 Scorta
S. 81 zona Cifuentes
Al mattino Mantelli prova il campo e al
pomeriggio partendo uno per volta si va a fare questa scorta. I bombardieri
girano due volte sopra l’obiettivo e infine poiché ci sono nubi
bombardano Mirabueno che regolarmente non colpiscono, durante il tragitto
sono arrabbiatissimo prima perché hanno ordinato formazione in ala
in secondo luogo perché il bombardamento gira e rigira a destra
e a manca prima di decidersi a mollare le bombe. Mi convinco sempre più
che la formazione in ala non è adatta per girare sul fronte.
8 Marzo 1937 xv
Il tempo c’impedisce nuovamente di volare
proprio quando le nostre truppe iniziano l’avanzata. Il fronte viene subito
sfondato e alla sera i nostri soldati sulla via di Guadalajara raggiungono
Almadrones. La colonna spagnola sulla strada vicina occupa Jadraque.
9 Marzo 1937 xv
Il nostro campo di Almarail è impantanato
e non si può svolgere nessuna attività. A terra continua
l’avanzata sotto un tempo infernale e viene occupata Montanares. I rossi
sono già in fuga precipitosa ma il tempo prova duramente anche la
nostra truppa.
10 Marzo 1937 xv
Il tempo continua ad impedirci ogni attività.
E’ veramente tragico perché mentre noi non riusciamo a partire sul
fronte il tempo è migliorato. La truppa ha raggiunto Brihuega e
la strada che la congiunge direttamente con la strada principale dell’avanzata.
Trijueque viene occupata nonostante si siano svolti combattimenti all’arma
bianca sotto una tempesta di neve e di grandine.
11 marzo 1937 xv
Si inizia il trasporto degli apparecchi
dal campo su di una specie di pista onde poter partire. I superiori comandi
ci avevano dato perfino l’ordine di smontare gli apparecchi è facile
immaginare cosa avrebbe causato l’esecuzione di quest’ordine sbagliato.
L’aviazione rossa accortasi della mancanza assoluta dei nostri caccia
scorrazza indisturbata per il nostro fronte producendoci perdite gravi
e demoralizzando moltissimo la truppa. Uno spezzone uccide il generale
della M.V.S.N. Liuzzi.
12 marzo 1937 xv
La nostra truppa si ferma in zona fortificata.
Il Gruppo da caccia di Soria sul fronte ha un combattimento col nemico
vengono abbattuti 4 apparecchi rossi. La squadriglia del cap. Francois
con molto pericolo riesce a decollare su quella pista e a trasferirsi a
Soria. Per domani è previsto il trasferimento anche della nostra
squadriglia.
13 Marzo 1937 xv
Almazan11.25 Soria11.35 10 1000 Trasferimento
Almazan – Soria
Soria15.00 Soria16.30 90 1200 Crociera
di protezione fronte di Trijueque
Con molta fatica si trasportano gli apparecchi
sulla pista. Le partenze sono quanto mai laboriose, atterro con due gregari
a Soria. Nel pomeriggio parto in volo come gregario del magg. Casetti il
tempo è pessimo e non si riesce a raggiungere il fronte.
14 Marzo 1937 xv
Soria09.30 Zaragozza11.30 120 3500 Crociera
di protezione fronte Trijueque – Atterragio a Zaragozza
Zaragozza13.05 Soria13.55 50 1500 Zaragozza
– Soria
Parto in volo come gregario del cap. Limonesi
il fronte è quasi tutto coperto voliamo al disopra delle nubi. Essendosi
improvvisamente chiuso buchiamo e poiché la deriva ci ha spostati
per non rimanere senza benzina andiamo ad atterrare a Zaragozza. Si riforniscono
gli apparecchi e si riparte. La pattuglia del cap. Francois nelle prime
ore del mattino ha avuto combattimento sono stati abbattuti 4 apparecchi
Curtiss di cui due il cap. Francois.
15 Marzo 1937 xv
Soria08.20 Soria10.20 120 6000 Protezione
fronte di Trijueque - Combattimento con 6 Curtiss - Abbattuto un Curtiss
Parto in volo con Aurili, Baschirotto
e Guerci. Incrociamo sopra Torrijos ad un tratto vedo un apparecchio basso
batto le ali e comincio a girare per vedere di che si tratta in quel momento
uno dei miei gregari avvista degli apparecchi e sbatte le ali. Li vedo
anch’io mentre girano più bassi di me puntando sulle nostre linee.
Attacco immediatamente quantunque loro siano sei e noi solo quattro. Mi
dirigo sulla pattuglia di destra per lasciare ai miei gregari la possibilità
di attaccare gli altri tre. Ad un tratto si accorgono di noi e fanno per
girare, ormai è troppo tardi gli sono addosso come un bolide e prima
che possano scappare sparo, sono Curtiss nuovissimi che hanno la metà
delle ali verniciate completamente in rosso, sono arrapantissimi. Dopo
la prima sparatoria ne nasce una giostra furibonda da come vedo passarmi
vicini gli apparecchi comprendo che il combattimento è in nostro
favore. Questi dannati apparecchi sono mobilissimi non fanno in tempo ad
accennare il virage che già sono contro di muso e sparano. Credo
però che sparino molto male. A uno gli ho dato una mitragliata di
muso fin proprio vicino, un altro quello che poi ho saputo essere caduto
ho continuato a mitragliarlo in coda finchè per poco non l’investivo
a questo momento l’arma di sinistra si è inceppata e mentre trafficavo
per disincepparla mi sono trovato solo. Ho continuato a girare sul teatro
del combattimento per 5 minuti e poi visto che i miei gregari non c’erano
più così sono ritornato al campo. Baschirotto aveva già
atterrato, dopo di me atterra Aurili Guerci manca all’appello. Alla sera
ho saputo che dopo aver mitragliato un avversario fino al suo abbattimento
era stato a sua volta preso in coda da due avversari che lo avevano ferito
ad una mano e così malconcio era riuscito ad atterrare nelle nostre
linee.
16 Marzo 1937 xv
Soria14.00 Soria16.05 125 6000 Crociera
di protezione fronte di Trijueque
Al mattino il magg. Casero ha un combattimento
con un numero imprecisato di Curtiss. Aurili abbatte due apparecchi uno
dei quali precipita in fiamme. Nel momento medesimo che avviene il combattimento
coi Curtiss i bombardieri rossi bombardano Brihuega efficacemente. Sono
giornate dense di attività e di combattimenti con gli avversari
molti piloti che erano ansiosi d’incontrarsi col nemico si trovano in questi
giorni fin troppo accontentati. Il campo di Soria è però
per noi poco adatto e per giunta gli S. 81 lo hanno ingombrato in tutti
i sensi. Per domani è previsto il trasferimento al Burgo de Osma
ove è già stato allestito un nuovo campo che sarà
esclusivamente riservato alla caccia.
17 Marzo 1937 xv
Soria15.30 El Burgo15.50 20 1200 Trasferimento
Soria – El Burgo de Osma
Le condizioni atmosferiche del fronte
non ci permettono di volare ne approfittiamo per trasferirci nel nuovo
campo. Esso è situato in località La Rasa a 7 km. dal Burgo
quantunque il campo sia nuovo il fondo è buono e non si affonda
come in quelli di Almazan e Soria. Alla sera andiamo al Burgo e io prendo
alloggio in una casa privata. La padroncina Pepita è poetessa, una
rossolina che la penuria di donne abbordabili in questa regione può
far parer bellissima. I miei ospiti sono molto gentili con me però
come tutti gli spagnoli anch’essi non lavorano, anche qui come nella nostra
Italia meridionale c’è troppa gente che “vive di rendita”.
18 Marzo 1937 xv
Le condizioni atmosferiche del fronte
ci impediscono di fare crociera ne approfittiamo per organizzarci un po’
a terra. Alziamo le tende e sistemiamo il materiale arrivato con i camion.
19 Marzo 1937 xv
El Burgo08.10 El Burgo10.00 110 1500 Crociera
di protezione fronte di Argecilla
Giornata tristissima per le nostre armi
e per il nostro temperamento di italiani, aviatori e fascisti. Le nostre
truppe si ritirano da Brihuega indietreggiano di una ventina di Km. Questa
ritirata sia pure ordinatissima come in realtà è avvenuta
è un fatto gravissimo oltre che per il nostro prestigio compromesso
per il fatto che la presa di Madrid è rimandata proprio quando sembrava
ormai cosa sicura. Inoltre da quando ha avuto inizio il movimento nazionalista
è la prima volta che si indietreggia ed è dolorosissimo che
a cedere siano proprio gli italiani. Il tempo è pessimo abbiamo
raggiunto le linee nuove a volo rasente e poiché ci sono nubi bassissime
abbiamo modo di esaminare perfettamente la situazione i nostri tornano
indietro ma non in fuga, la ritirata è ordinatissima il morale è
a terra alla sinistra della strada di Francia in mezzo ad un gruppo di
soldati che si recano a prendere posizione dietro una trincea ne noto due
stranamente avvolti in drappi rossi non capisco bene cosa facciano così
conciati ma penso che si siano avvolti in bandiere rosse strappate ai nemici.
Le ragioni di questa ritirata sono le seguenti: comandanti non all’altezza
della situazione persone che si erano illuse dai trionfi abissini e dalla
passeggiata di Malaga, defezione degli ufficiali della M.V.S.N., disorganizzazione
generale. Come scusa di queste accuse è stato detto che l’aviazione
non ha fatto niente, visto poi che quest’argomento non andava, dato il
numero degli apparecchi abbattuti si è detto che in Brihuega al
cimitero esisteva un servizio di spionaggio rosso organizzatissimo. Le
ragioni però sono soltanto le suesposte e non altre.
20 Marzo 1937 xv
El Burgo16.20 El Burgo17.50 90 4000 Scorta
S. 81 a Brihuega - Combattimento con 6 pappagalli e 12 Curtiss - mitragliato
un pappagallo
Parto a capo di una pattuglia di tre apparecchi
per scortare 10 S. 81. Durante il tragitto ho modo di arrabbiarmi in più
maniere e riprese, la causa di ciò sono le solite nubi infatti con
i miei gregari mi sono messo di fianco a tre di essi che seguono il grosso
e che è scortato dal gruppo Chiappini, gli S. 81 continuano a passare
fra una nube e l’altra e a me costringono ad infilarmici dentro. Prima
di giungere su Brihuega viene bombardato un rado boschetto ma vedo che
l’effetto sia stato ben scarso. Brihuega viene bombardata ma un po’ corta
di modo che solo le ultime bombe scoppiano nelle prime case del paese.
Giriamo per ritornare e subito dopo i miei gregari battono le ali accennandomi
alle spalle faccio quota sugli S. 81 da scortare puntando direttamente
le nostre linee mentre continuo a tenere d’occhio i miei 3 S. 81 vedo i
C.R. 32 di scorta ai primi apparecchi che stanno combattendo e un apparecchio
brucia per terra mentre il pilota scende col paracadute, il mio gregario
di destra Carini è molto nervoso mentre io accortomi di apparecchi
rossi molto vicini a noi faccio un giro a sinistra, gli avversari sono
in gran numero 6 pappagalli e 12 Curtiss, nel giro Carini si tuffa sui
due primi apparecchi che vede io con Aurili che è attaccato alla
mia ala completiamo il giro e ci portiamo in coda ai pappagalli, intuito
il pericolo che corrono gli altri Fiat 2000 metri più bassi a noi,
attacco decisamente i pappagalli e ne mitraglio uno seminando la confusione
in mezzo a loro, si giostra un po’ poi mi accorgo d’un Curtiss che più
alto cercava la sua preda mi porto vicino e quando si accorge che non può
spararmi fa un rovesciamento io seguo incocciando la sua scia ma non lo
faccio perché lo voglio spaccare e invece rimango fregato poiché
l’avversario vistosi perduto si tuffa disperatamente in una nube e scompare
alle mie grinfie. Prima di iniziare il combattimento avevo visto un secondo
paracadute aperto che poi ho saputo essere nostro. Giro per cinque buoni
minuti sul teatro della lotta senza vedere nessuno dei miei gregari dopo
di che mi dirigo al campo, su Siguenza vedo la stazione incendiata e capisco
che i rossi hanno bombardato. Dopo Almazan incontro un temporale ma vado
avanti ugualmente bene seguendo il Duero nell’ultima parte del tragitto
mi aggrego a De Micheli che con un gregario rientra. A terra della mia
pattuglia sono l’unico rientrato, Carini atterra molto tardi quasi al limite
dell’autonomia e più tardi so che Aurili ha atterrato vicino ad
Almazan capottando. Carini è stato impallinato e questo per la sua
premura di tuffarsi in mezzo agli avversari però ha abbattuto un
Curtiss. Aurili all’ultimo della puntata sui pappagalli visto un Curtiss
più alto si era diretto a mitragliare quello ritiene d’averlo abbattuto.
Il pappagallo da me mitragliato somiglia al nostro Ro 1 ma è
più veloce. Nel combattimento sono caduti due Fiat uno di questi
è caduto nelle loro linee, il pilota dell’altro dopo una notte di
marcia ha raggiunto le nostre colonne. Qualche ora prima di questo combattimento
la squadriglia di Francois ne aveva avuto un altro con i 5 Martin-Bomber
che avevano bombardato la stazione di Siguenza. Il Giovannino Beretta con
mossa rapida e fulminea si portava in coda di un avversario e lo mitragliava
con calma e perizia finchè quello cadeva in fiamme. Il ten. col.
Chiappini come sua normale abitudine diceva di aver abbattuto un caccia.
Da una verifica fatta da un ufficiale della squadriglia e da specializzati
armieri veniva costatato con molta sorpresa che il suo apparecchio non
aveva sparato neppure un colpo! * Che feroci questi piloti dell’assalto
incendiano gli avversari con uno sguardo! Si attendono sviluppi di questa
questione affatto simpatica.
* (NDR: il pilota e' stato prontamente
rispedito in patria)
21 Marzo 1937 xv
Le condizioni atmosferiche avverse c’impediscono
ogni attività bellica. Se ne approfitta per rimettere a posto i
motori e gli aeroplani scassati. Alla sera arriva il cap. Brambilla che
sostituirà nel comando della mia squadriglia il cap. Dequal che
rimpatria.
22 Marzo 1937 xv
Il tempo continua ad essere pessimo. Al
mattino fra la generale commozione dei componenti la “Banda Limonesi” avviene
il passaggio di comando fra il cap. Dequal e il cap. Brambilla. Il cap.
Dequal ci rivolge commoventi parole che sono un elogio di quanto ognuno
di noi ha fatto nella squadriglia io sono particolarmente commosso e dispiaciuto
che il cap. Dequal ci lasci quantunque sicuro di continuare i bei fatti
sotto la guida del cap. Brambilla.
23 Marzo 1937 xv
Il tempo che continua ad essere incerto
ci impedisce azioni sul fronte. Il cap. Brambilla si fa un volo di riconoscimento
della zona.
24 Marzo 1937 xv
El Burgo15.00 El Burgo17.00 120 4000 Crociera
di protezione sul fronte di Almadrones
Si continuano le crociere di protezione
che sono inutili adesso che i nostri si ritirano infatti l’aviazione rossa
non si fa più vedere.
25 Marzo 1937 xv
El Burgo11.45 El Burgo13.45 120 5000 Crociera
di protezione sul fronte di Almadrones
Continuano le crociere senza nessuna novità.
Il cap. Dequal prima di partire in riconoscimento di quanto ho fatto nella
sua “Banda” mi inoltra la proposta di passaggio in S.P.E. con la seguente
motivazione che lusinga moltissimo il mio spirito battagliero: “Pilota
da caccia di provata perizia e serietà, ha partecipato alle azioni
sui fronti di Malaga e di Guadalajara con entusiasmo ed abnegazione. Ha
sostenuto brillantemente vari combattimenti. Il giorno 11 Febbraio 1937
nel cielo di Motril, gregario di una formazione di quattro, scorti due
apparecchi da bombardamento nemici, scortati da cinque caccia, si lanciava
all’attacco abbattendo un apparecchio da bombardamento. Il giorno 15 Marzo
1937 nel cielo di Trijueque capo d’una formazione di quattro attaccava
sei caccia nemici abbattendone uno. Il giorno 20 Marzo 1937 nel cielo di
Brihuega capo formazione di tre apparecchi attaccava una formazione di
sei apparecchi da bombardamento leggero scortati da dodici caccia mitragliando
da brevissima distanza un apparecchio da bombardamento leggero”. La presente
motivazione per il mio passaggio in S.P.E. per meriti di guerra non ha
bisogno di commenti, chi ha vissuto questa guerra del tutto speciale se
ne farà un giusto concetto.
26 Marzo 1937 xv
El Burgo12.25 El Burgo14.15 110 5000 Scorta
Ro 37 e crociera protezione fronte di Almadrones
Scortiamo 3 Ro 37 su Masegoso – Cifuentes
e in seguito facciamo crociera sul fronte le nostre truppe si cambiano
con 4 Battaglioni di spagnoli così termina questa disgraziata azione
che doveva condurci a Madrid.
27 Marzo 1937 xv
El Burgo10.50 El Burgo12.50 120 4000 Scorta
Ro 37 e crociera protezione fronte di Almadrones
Continua questa scorta senza capire quali
risultati dia. Ormai il cambio fra Italiani e Spagnoli è avvenuto
ed il fronte è tornato nella più assoluta tranquillità.
28 Marzo 1937 xv
La Pasqua si ripromette di passare in
tutta tranquillità se non che appena mangiato viene l’ordine di
trasferirsi, si sorteggiano le squadriglie e così il Gruppo Casero
4^ e 5^ va a Logrono la squadriglia di Viola va a Vitoria e il cap. Nobili
rimane al Burgo. La sera a cena abbiamo i bombardieri e fra loro anche
quelli dell’ S.79.
29 Marzo 1937 xv
El Burgo16.00 Logrono17.15 75 2000 Trasferimento
El Burgo de Osma Logrono
Al mattino il magg. Casero parte per andare
a provare il campo di Logrono a causa di una piantata del motore
va a finire fuori campo e si ferisce viene ricoverato all’ospedale di Logrono.
La sera si parte il nostro Gruppo al completo col col. Canaveri in testa.
A Logrono dobbiamo fare una discreta anticamera prima di poter atterrare.
I due gregari di Mantelli in atterraggio danneggiano un po’ gli apparecchi.
Il campo è grande ma soprattutto ben attrezzato ci sono tre hangars
e ottimi alloggiamenti sia per ufficiali che per specialisti i sottufficiali
alloggiano invece in città.
30 Marzo 1937 xv
Il nostro compito qui non ha un ruolo
molto importante si tratta infatti di scortare i nostri S. 81 nei
loro bombardamenti verso Bilbao. In compenso qui c’è del buon vino
e una buona cucina le donne sono più abbordabili che altrove.
31 Marzo 1937 xv
Logrono15.10 Logrono16.10 60 2000 Scorta
S. 81 zona di Durango
E’ questo il secondo bombardamento di
Durango l’azione è veramente spettacolare e il paese viene nuovamente
centrato. I danni debbono essere stati enormi.
1 Aprile 1937 xv
A causa del maltempo non si svolge nessuna
attività di volo.
Note al diario
Poco dopo l'inizio delle ostilità,
i piloti italiani e nazionalisti si scontrarono con nuovi tipi di velivoli
fino a quel momento sconosciuti. I servizi segreti li identificarono come
aerei americani e attribuirono loro dei nomi che potremmo definire "di
fantasia", che rimasero in uso anche quando l'origine sovietica venne definitivamente
accertata. Gli aerei giunsero via mare all'inizio del settembre
1936 e ogni nave imbarcava, oltre ai velivoli smontati, ingenti quantità
di motori, parti di ricambio, bombe e munizioni, carburante, etc. Assieme
agli aerei giunsero anche una cinquantina di equipaggi sovietici, da impiegarsi
nell'addestramento di piloti e tecnici nazionalisti, e quale personale
combattente. Non a caso i due maggiori "Assi" del conflitto furono due
piloti da caccia sovietici, entrambi con oltre trenta vittorie. I nomi
più usati furono: Curtiss (battezzato Chato - corto - dai repubblicani):
si trattava del caccia biplano Polikarpov I-15; Martin Bomber: si trattava
dell'ottimo bombardiere leggero Tupolev SB-2 Katiuska, la cui velocità
massima superava di 20 km/h quella del C.R. 32; Rata (topo e Mosca per
i repubblicani): Polikarpov I-16, il miglior caccia in servizio con l'Arma
de Aeronautica repubblicana, superato - abbondantemente - nelle prestazioni
solo dal Messerschmitt Bf. 109B; Pappagallo (Papagayo per i nazionalisti):
biplano da ricognizione e bombardamento leggero Polikarpov R-Z. Nek diario
inoltre, alcuni termini sono in lingua spagnola: "Requetès", truppe
monarchico-carliste e "avioneta", aeroplano.
Un episodio divenuto famoso
Il combattimento del 11 febbraio è
celebre perché immortalato nel romanzo “L’espoir” di Andrè
Malraux. Non ho mai saputo se mio padre fosse a conoscenza di questo particolare
e probabilmente lo ignorava del tutto ed è merito dell’ing. Ferdinando
Pedriali l’averlo riportato alla luce nella sua documentata “Guerra di
Spagna e Aviazione Italiana” 1^ edizione 1989. Malraux mitizza lo scontro
individuando in diciotto (!) i caccia nazionalisti che, al contrario erano
solo quattro (Mantelli, Monti, Drigani e Cova). Il Potez affrontato da
mio padre portava sul timone l’insegna della lettera B, ebbe tutti i membri
dell’equipaggio feriti e, colpito nei motori, riuscì ad ammarare
vicino alla spiaggia del Cabo Sacratif. Mantelli, nel combattimento con
l’altro Potez, fu poi costretto ad un atterraggio di fortuna a est di Motril
da dove rientrò fortunosamente nelle linee nazionaliste, come è
raccontato nel diario. Il bombardiere repubblicano, ripetutamente colpito,
andò distrutto in atterraggio a Llanos de Dalias. Andrè Malraux
(1901-1976) allo scoppio della guerra civile in Spagna, organizza, aiutato
dal ministro dell’aeronautica francese Pierre Cot, una squadriglia di aerei
con piloti internazionali che chiama Escuadrilla Espana e che partecipa
alle prime missioni. Questa iniziativa, col progredire del conflitto mostra
i suoi notevoli limiti dovuti sia alla organizzazione più propagandistica
che militare, che alle scarse motivazioni e addestramento scadente dei
piloti i quali da bravi mercenari, si impegnavano con riluttanza contro
i più combattivi e abili piloti italiani. Con l’arrivo dei piloti
sovietici, dei loro moderni apparecchi e con il rafforzamento dell’aviazione
repubblicana, l’Escuadrilla di Malraux perderà progressivamente
importanza sino ad essere emarginata del tutto dal conflitto. Malraux,
durante il secondo conflitto mondiale, combatte ed è fatto prigioniero
dai tedeschi, riesce ad evadere e partecipa alla resistenza, nuovamente
catturato dalla Gestapo è liberato dall’avanzata degli alleati e
conclude la guerra nei reparti gollisti. Celebre oratore, dopo la guerra
sarà ministro della cultura nei governi di De Gaulle.
Il comandante Dequal e la Cucaracha
I primi caccia CR 32 arrivati in Spagna
impressionarono i combattenti di entrambi gli schieramenti per le loro
prestazioni e per l’abilità dei piloti nazionalisti. Fu così
che nacque la leggenda della Squadriglia “Cucaracha”: infatti i veloci
e manovrieri Fiat furono paragonati dai soldati delle fanterie che se li
vedevano volteggiare sopra, agli agili scarabei che correvano nella sabbia
riarsa dal sole del Mediterraneo, appunto le cucarachas. Complice anche
un’allegra canzonetta popolare messicana di moda in quegli anni, i piloti
dipinsero sulle fusoliere uno scarafaggio col fez in testa intento a suonare
un sassofono da cui escono a mo’ di note degli aeroplanini. La prima base
è Caceres e la squadriglia è comandata dal triestino
capitano Vincenzo Dequal alias “Limonesi” arruolato nel Tercio, successivamente
la squadriglia si trasformerà in Gruppo Cucaracha.
All’arrivo di mio padre, il Gruppo è
formato da due squadriglie: la XXIV comandata dal cap. Dequal e la
XXVI comandata dal ferrarese cap. Armando Francois.
Prosegue la missione in Spagna
Nel periodo che va dall’aprile ’37, data
di interruzione del diario, e praticamente sino a tutto giugno, la XXIV
squadriglia della Cucaracha è impegnata al nord sul fronte di Bilbao
con base a Logrono. Sono per lo più scorte agli S. 81, crociere
di protezione e di interdizione su quel difficile teatro di guerra dove
la resistenza dei repubblicani è tenace e coraggiosa. In giugno
i caccia della Cucaracha si trasferiscono a Saragozza dove operano sino
ai primi di luglio a supporto delle azioni sul fronte di Huesca – Teruel.
Nello stesso mese gli aerei nazionalisti si trasferiscono nel campo di
Avila da dove prendono parte all’offensiva su Brunete e Madrid. In
questo mese, in particolare, il contrasto dell’aviazione repubblicana è
più marcato e i cacciatori italiani vengono di frequente impegnati
in duelli aerei e talvolta ricevono la visita dei veloci Martin Bomber.
Nei duelli del 12 e 25 luglio vengono accreditati a mio padre gli abbattimenti
di un Curtiss e di un Rata.
In agosto i caccia nazionalisti tornano
a Logrono dove si prepara una violenta offensiva nazionalista sul fronte
di Santander. Le truppe franchiste e i legionari italiani il giorno 14
e i successivi 15 e 16 sferrarono un poderoso attacco che fu coronato da
successo contro le postazioni fortificate repubblicane del settore di Soncillo.
Il giorno quindici c’è una sortita in massa della caccia repubblicana
per contrastare i continui bombardamenti dell’aeronautica nazionalista.
In quella occasione una esigua pattuglia di CR 32 guidata da mio padre
si getta contro un numeroso gruppo di Curtiss e nel combattimento che ne
segue, arrivano a dar loro provvidenziale aiuto i caccia del cap. Brambilla
e quelli del cap. Borgogno della 31 a. squadriglia. Nella confusione di
scontri individuali, mio padre riesce a mitragliare un Curtiss, ma deve
desistere in quanto a sua volta viene attaccato da un secondo Curtiss,
tanto che rientra colpito. Comunque i caccia nazionalisti riportano una
vittoria abbattendo due Rata e altri tre apparecchi probabili. E’
un periodo molto duro per i nostri aviatori: il libretto di volo lo testimonia
riportando due o tre missioni giornaliere. Si arriva infine a settembre,
la XXIV sq. è al campo di Saragozza dove le missioni prevedono la
scorta dei bombardieri che compiono missioni sui fronti di Huesca, Belchite
e Zuera.
Colpito dal "fuoco amico"
Il giorno 24 al rientro da una scorta
agli S. 81 sul fronte di Zuera, l’apparecchio di mio padre, viene colpito
da un cannone contraereo nazionalista, oggi si direbbe da “fuoco amico”.
E’ chiaramente un errore della nostra contraerea, che non è riuscita
ad identificare il CR 32 che ritorna verso le linee nazionaliste, tanto
che il ten. Aurili avrà per questo, un violento alterco col comandante
della postazione. Ecco il racconto che mio padre fa dell’accaduto ed è
riportato in “L’aviazione legionaria in Spagna” di Guido Mattioli – ed.
L’Aviazione – Roma 1940:
“Il giorno 24 settembre 1937 durante un
volo di scorta al bombardamento sul cielo di Zuera a nord di Saragozza,
il mio CR 32 veniva colpito da un proiettile dell’artiglieria legionaria
che incendiò l’apparecchio. In un primo istante, semi soffocato
dalle fiamme e dal fumo, dovetti perdere i sensi, che riacquistai immediatamente
non appena le fiamme incominciarono a dileguarsi. Mi decisi a lanciarmi;
aprii di colpo le bretelle, stimolato da quel feroce caldo che sentivo
alle gambe. Speravo di essere proiettato fuori ed invece cominciai a fare
la polenta dentro la fusoliera, poiché di tutto l’apparecchio solo
quella rimaneva; dandomi una spinta con ambo le mani vinsi la forza centrifuga
che mi teneva dentro e fui proiettato a testa in giù obliquamente
al terreno. Il paracadute funzionò regolarmente con lo scatto automatico;
ebbi una frenata alla mia caduta, ma nessuno strappo al petto, poiché
ho avuto sempre l’abitudine di stringermi bene il paracadute al corpo,
come quello di legarmi stretto alla fusoliera. Vidi che il vento mi trascinava
verso i rossi; cominciai a muovere le braccia come nel nuoto e guadagnai
una quindicina di metri sul terreno: le gambe mi bruciavano troppo per
poterle adoperare. Arrivato al suolo dovetti schiacciarmi a terra perché
i rossi mi sparavano appena facevo un movimento: ero infatti caduto su
territorio rosso appena occupato dai nostri. Con un balzo portatomi fuori
da quel punto battuto fui scorto dai nostri e salvato”.
Mio padre si salvò riportando ustioni
alle gambe e ai polsi, tanto che qualche volta mi mostrava i segni che
i bottoni della tuta di volo gli avevano lasciato, fondendosi per il calore
come un segno indelebile sulla pelle. Ebbe anche una frattura all’epistrofeo
che lo costrinse ad una lunga convalescenza all’Ospedale di Saragozza,
inguainato in un fastidioso scafandro di gesso: “la minerva”. Di quel periodo
conserverà sempre, sul suo comodino, un’immagine della Virgen del
Pilar donatagli da una suora assistente all’Ospedale. Allora i paracadute,
come emerge dalla testimonianza che ho riportato, non avevano ancora l’imbracatura
all’inguine e, se non ben stretti, si potevano sfilare al momento dello
strappo causato dall’apertura. Un caso drammatico fu quello dell’equipaggio
di un Martin Bomber repubblicano che si lanciò mentre l’apparecchio
colpito precipitava: i paracadute si strapparono letteralmente per l’eccessiva
velocità di caduta e i tre aviatori non ebbero scampo.
Le decorazioni
Mio padre rientra dalla Spagna decorato
con due medaglie d’argento al VM, la "Medalla de Sufrimientos por la Patria"
dell’Esercito Spagnolo, il passaggio al Servizio Permanente Effettivo,
la promozione a Tenente per merito di guerra e con all’attivo oltre 280
ore di volo di guerra. Queste le motivazioni delle decorazioni al VM:
Abilissimo pilota da caccia con all’attivo quattro apparecchi abbattuti, gregario fedele in pericolose scorte a 50 km. oltre le linee nemiche, capo pattuglia sicuro, in audaci crociere dimostrava in più di 200 ore di volo di guerra, attacchi nel cielo e in arditi mitragliamenti a terra, calma, sangue freddo e sereno sprezzo del pericolo. Bellissimo esempio di combattente e di pilota.Cielo di Vizcaya, Aprile – Giugno 1937 – XV
Volontario in missione di guerra per l’affermazione degli ideali fascisti, nel periodo di circa tre mesi partecipava a 86 voli di guerra comportandosi sempre da valoroso. Durante un’azione in cielo nemico, trovandosi staccato dal resto della formazione ed assalito da forze tre volte più numerose, anziché rientrare nelle linee impegnava deciso combattimento abbattendo un assalitore e volgendo in fuga gli altri. Luminoso esempio di indomito combattente.Cielo di Spagna, Luglio – Settembre 1937 – XV
Il ritorno al 4° Stormo
Terminata l’esperienza in terra di Spagna,
mio padre rientra a Gorizia per riprendere l’attività di volo nella
90^ sq. comandata dal cap. Elio Fiacchino. Il 26 marzo 1938 il libretto
di volo riporta 25 min. su CR 32 e la nota “Ripresa voli”. Il 5 aprile
1939 assume il comando della 84^ sq. del X Gruppo. La 90^ sq. in quel mese
viene disciolta per andare a formare la 151^ sq. del 6° Stormo a Rimini
per poi ricostituirsi il 1° luglio 1939 col personale proveniente dalle
altre squadriglie del 4° Stormo. A questo punto è opportuna
una breve digressione per far capire quale fosse allora la configurazione
di uno Stormo Caccia della Regia Aeronautica e quale fossero le dimensioni
dei vari reparti. Lo Stormo, comandato in genere da un Colonnello pilota,
ma anche da un ten. col. o più raramente da un Maggiore prossimo
alla promozione, si compone di due Gruppi, ciascuno dei quali è
comandato da un ten. Colonnello o Maggiore. Ogni Gruppo si compone, di
solito di tre squadriglie, ciascuna delle quali ha in carico una dozzina
di velivoli da caccia più qualche altro aeroplano per servizi e
collegamento. Un Capitano o un Tenente anziano comandano una squadriglia,
solitamente composta da cinque, sei ufficiali piloti e altrettanti sottufficiali
piloti. Completano l’organico sottufficiali motoristi, montatori e armieri
oltre che il personale dei servizi amministrativi e del “governo”.
L’84^ sq. del X Gruppo sarà quindi
ininterrottamente comandata dal ten. “Gigi” Monti da metà marzo
del 1939 sino ai primi di ottobre del 1940, quando dovrà lasciare
per un paio di mesi il comando al cap. Vanni a causa di una debilitante
infezione intestinale “africana”. Riprenderà il comando della squadriglia
a fine 1940 per tenerlo sino a fine novembre 1941; nel frattempo è
stato promosso capitano nel febbraio del 1940. Allo scoppio delle ostilità
lo Stormo è comandato dal col. Grandinetti, il X Gruppo è
agli ordini del ten. col. Piragino, mentre il IX è comandato da
una figura leggendaria il Magg. Botto “Gamba di Ferro” Medaglia d’oro al
VM. I tre ufficiali sopracitati sono tutti veterani dello Stormo, con lunghi
periodi di comando, anche il ten. col. Piragino che pur proviene dallo
Stato Maggiore ha comandato in passato la 96^ sq.. In particolare il col.
Michele Grandinetti è molto apprezzato dai suoi uomini per l’umanità
e la bonomia che lo contraddistinguono, avendo una conoscenza profonda
di tutto il personale di cui capisce le esigenze e che, senza presunzione,
sa valutare suggerimenti e consigli che gli vengono dai sottoposti.
Il secondo conflitto mondiale
La prima chiamata bellica dello Stormo
è per il X Gruppo con l’84^ sq. comandata da mio padre, la 90^ dal
cap. Maggini e la 91^ dal cap. Giuseppe D’Agostinis, anche lui veterano
e decorato al valore della guerra di Spagna, originario di Cervignano del
Friuli. La destinazione è il campo T2 di Tobruk in Libia, nient’altro
che una spianata desertica senza alloggi e attrezzature.
Gli aviatori del 4° si arrangino!
Sui copriruote dei Fiat C.R. 42 dell’ 84^ sq. sono dipinte le “bianche
stelle” volute dal cap. Monti come nuovo distintivo, in segno di fiducia
bene augurante nella fortuna d’Italia. Successivamente la stella passerà
sulle carlinghe dei M.C. 200 e poi mantenuta sui primi M.C. 202 ricevuti
dal X Gruppo, fino al marzo del 1942, quando l’allora comandante François
farà uniformare le insegne di entrambi i Gruppi, eliminando quelle
di squadriglia. Il IX Gruppo inizialmente è schierato sul fronte
occidentale e solo a luglio si schiera a Comiso per operare su Malta. La
73^ sq è comandata dal ten. Pezzè e conta numerosi piloti
“acrobatici” come il ten. De Campo e i marescialli Ruffilli, Montanari
e Renzi; la 96^ dal cap. Fassi e la 97^ è agli ordini del cap. Larsimont.
La storia del 4° Stormo è stata raccontata con dovizia e accuratezza
di particolari dal gen. Antonio Duma nell’opera “Quelli del Cavallino Rampante”
che comparve in un primo volume nel 1981 cinquantenario della costituzione
dello Stormo e di recente (dic. 2007), è stato completato e ripubblicato
per le Edizioni Rivista Aeronautica in due bellissimi volumi che comprendono
anche il periodo successivo all’8 Settembre. Se io volessi riportare qui
le vicende di mio padre nel periodo del secondo conflitto rischierei di
ripetere cose già dette e dovrei per forza rifarmi all’opera del
gen. Duma e anche ai testi dei tanti scrittori di cose aeronautiche che
si sono succeduti in questo lungo dopo guerra, da Flaccomio a Lazzati,
da Pagliano a Trizzino a Rocca fino, di recente a Slongo e Massimello,
senza contare gli articoli sulle riviste specializzate, in molti hanno
riportato le imprese e gli eroismi dei piloti e degli uomini del 4°.
Le gesta degli aviatori ed in particolare di quelli della caccia hanno
sempre avuto un fascino speciale che deriva dal binomio uomo – apparecchio,
avvolgendole per di più di un’aura romantica. La guerra è
tragica e crudele ma i cacciatori, non si proponevano di uccidere ad ogni
costo, era sufficiente la vittoria, l’eliminazione dell’avversario non
era il fine del combattimento: come in un codice cavalleresco antico.
Tutto quello di più preciso che
ho saputo della vita aeronautica di mio padre, o lo leggevo sui libri,
o l’ho saputo dopo la sua morte nei racconti stringati e privi di retorica
che me ne hanno fatto i “suoi” piloti, anche loro allergici al “reducismo”.
Lui non si vantava mai, un po’ per l’educazione
rigorosa ricevuta, un po’ per un naturale riserbo a manifestare le emozioni,
ma soprattutto per molta sana e ironica sottostima nella quale riaffiorava
il beffardo carattere dei toscani. E ho pure notato che all’irruenza e
spavalderia della guerra di Spagna, col tempo e con l’esperienza di comando,
si erano sostituite la ponderatezza e la pacatezza, tanto che i colleghi
lo ritenevano il “Saggio” per eccellenza. Queste doti si rivelano preziose
quando in guerra si ha la responsabilità della vita degli altri.
Alcune volte, da mezze parole, riuscivo a capire che c’erano stati episodi
eroici, momenti di grande pericolo e attimi in cui la morte, per quella
volta, aveva deciso di lasciare perdere, ma mai con enfasi, solo con la
consapevolezza di aver fatto sempre il proprio dovere: al meglio in ogni
circostanza. Pertanto non mi dilungherò nell’elenco delle vicende
che hanno prima interessato l’84^ squadriglia e poi il X Gruppo fino a
tutto il 1941, ma riporterò quelle azioni (poche) che ero riuscito
a carpire dai suoi ricordi e di cui andava legittimamente orgoglioso.
Sono un aviatore, non un criminale!
Africa Settentrionale 6 Agosto 1940:
l’84^ sq. è al campo T3 di El Adem, una base questa ben attrezzata
con aviorimesse e baracche per i servizi, decisamente meglio del T2. In
organico ci sono piloti esperti come i tenenti Vincenzo Vanni, Paolo Berti,
Giuseppe Aurili e i marescialli Bandini e Nicola. La squadriglia ha già
dato il suo contributo di sangue con la perdita del sergente Ugo Corsi,
un pilota acrobatico che mio padre definì “bravissimo tra i bravi”,
caduto nel primo combattimento del 19 giugno su Bir Gibni. Il ten. col.
Piragino e il ten. Aldo Lanfranco sono prigionieri degli inglesi. I piloti
inglesi sono abili e danno filo da torcere ai nostri cacciatori, i C.R.
42 riescono ancora a tener testa ai Gloster, ma sono già comparsi
gli Hurricane e a questi apparecchi si può opporre solo il “manico”.
Quel pomeriggio mio padre parte su allarme seguito dal maresciallo Emiro
Nicola e dal serg. Alessandro Bladelli della 91^ sq., ma presto Nicola
rientra per cattivo funzionamento delle armi. I due C.R. 42 in quota, a
2500 metri, si portano a una trentina di km. a nord di Tobruch, dove avvistano
e attaccano un idro Sunderland. Questo idrovolante è un quadrimotore,
potentemente armato che gli inglesi impiegano nella ricognizione della
costa del Mediterraneo e nella lotta ai sommergibili. L’equipaggio è
di sette uomini, ma può efficacemente fungere da trasporto, come
dimostrerà poi nell’evacuazione dell’isola di Creta. I tedeschi
lo chiamano “porcospino” data la pericolosità delle sue armi difensive.
Invece il tenente Neri Piccolomini appena lo vide, esclamò: “Questo
non è un aeroplano, …. questo è un tram…!!”. I due caccia
del 4° si fanno sotto e, col sole alle spalle, prima neutralizzano
la torretta posteriore e successivamente, con due separate puntate, mettono
fuori uso le mitragliatrici delle due fiancate. Con diversi membri dell’equipaggio
feriti, il Sunderland ha uno dei motori di destra bloccato e il serbatoio
sulla stessa ala inizia a prendere fuoco. L’idro è costretto ad
ammarare dopo una quindicina di minuti di combattimento: sono le 16.20
del pomeriggio. Mio padre fa cenno a Bladelli di rientrare per avvisare
la Marina che provveda al recupero del Sunderland e resta di guardia sul
luogo dell’ammaraggio. Avvistato il cacciatorpediniere "Rosolino Pilo",
cerca di guidarlo sul luogo
dell’ammaraggio, ma è costretto
a rientrare col carburante ormai esaurito. Ripreso un CR 32 si riporta
sul mare e resta a vigilare finchè l’idrovolante non viene recuperato:
sono ormai le 19. Il Sunderland proviene dalla base di Abukir, ha la matricola
N9025 OO-Y ed è in forza al 228th Squadron, lo pilotano il tenente
W. Smith, con lui altri otto membri dell’equipaggio. Non appena raggiunto
dai mezzi della Marina, l’equipaggio, che ha sempre mantenuto il contatto
radio con la base, affonda l’idro sul quale è rimasto il corpo dell’aviere
scelto Jones, deceduto a seguito delle ferite e sale su un battellino.
Gli aviatori inglesi vengono quindi fatti prigionieri. Devo questi particolari
all’ottimo sito “Biplane figther aces” dello svedese Hakan Gustavsson che
riporta quanto da me narrato, confermando sostanzialmente e tranne alcuni
particolari poco significativi, il testo già citato del gen. Duma.
Unica discordanza: gli inglesi asseriscono che il Sunderland abbattuto
da Monti e Bladelli sia stato il primo che loro hanno perduto in quel teatro
di guerra, mentre risulta che il ten. Lucchini ne abbia abbattuto uno in
collaborazione con altri tre piloti già il 21 giugno 1940, al largo
di Bardia. Comunque, precedenze o meno, mio padre mi raccontava che quando
fece rapporto, non ricordo chi tra i superiori, di certo non uno del 4°,
ma forse poteva essere anche un papavero della Marina, questi, commentando
il recupero del Sunderland, disse “Capitano, poteva sparargli con le traccianti
…” alludendo ad un sicuro incendio dell’aereo ammarato che perdeva benzina.
La risposta, secca, fu: ”Sono un aviatore, non un criminale!”
Il mitragliamento di Mikabba
Ai primi di gennaio 1941, il 4° ha
ricevuto l’ordine di rimpatrio e lascia la Libia, avendo terminato quello
che i suoi uomini chiameranno il “Primo ciclo africano”. Il rientro in
Italia non avviene senza drammi. Il 15 gennaio la nave “Città di
Messina” viene silurata sul golfo della Sirte mentre si trasferisce da
Bengasi a Tripoli. A bordo ci sono specialisti e personale di governo:
scompaiono 35 uomini del X Gruppo; avrebbero dovuto riunirsi ad altro personale
dello Stormo a Tripoli per rientrare in Patria con un altro piroscafo.
Nell’affondamento vanno perduti tutti i documenti dei due Gruppi e delle
Squadriglie. A Gorizia lo Stormo si ricostituisce ed iniziano i passaggi
su un nuovo velivolo: il Macchi M.C. 200.
All’inizio i piloti hanno qualche difficoltà
con questo aereo monoplano ad ala bassa, ma rapidamente prendono confidenza
col velivolo che si rivela affidabile, robusto e assai maneggevole. In
aprile il X Gruppo si trasferisce nel vicino aeroporto di Ronchi dei Legionari,
da dove partecipa alla breve campagna contro la Jugoslavia. A metà
giugno il Gruppo, che è comandato da un magnifico ufficiale, il
ten. col. Carlo Romagnoli, è a Catania per combattere su Malta.
L’attività è subito intensa, i piloti sono impegnati in scorte
ai ricognitori e al bombardamento e a crociere di protezione ai convogli.
Volare sopra Malta è rischioso e impegnativo i piloti sono
spesso affrontati dalla caccia nemica, i motori dei Macchi M.C. 200, costruiti
dalla Fiat, fanno salire la temperatura dell’olio e costringono a rientri
anticipati a Catania. Il comandante Romagnoli, inviperito, li farà
cambiare. In luglio la RAF bombarda di notte Napoli impiegando dei Wellington
partiti dall’aeroporto di Mikabba, sull’isola di Malta. Mussolini stesso
ordina la ritorsione: si deve mitragliare l’aeroporto di Mikabba! Tocca
al X Gruppo! Il 9 luglio i cacciatori devono rinunciare perché Malta
è coperta dalle nuvole. Si ritenta l’11. Da Catania alle 12.40 decollano
dodici apparecchi in quattro pattuglie da tre, presto Romagnoli è
costretto al rientro per noie al motore. Il comando è preso da mio
padre, adesso sono in undici, protetti dal cap. Guiducci e dagli altri
piloti del Gruppo cui si sono aggiunti un trentina di caccia del 54°
Stormo. Gli undici, oltre a mio padre, sono: Ceoletta, Ferrulli, Lucchini,
Santonocito, Devoto, Berti, Bignami, Buttazzi, Patrizi e Pillepich. I Macchi
sorvolano l’isola da 5000 metri poi piazzano un’affondata sino a 2500 metri
per allinearsi con la pista di Mikabba. La reazione contraerea è
impressionante, gli inglesi sparano anche a zero sugli apparecchi italiani
che sfiorano a volo radente l’aeroporto. Il ten. Berti preso dall’azione,
evita per un pelo l’asta della manica a vento e passa a pochi metri da
una postazione della contraerea. Cinque Wellington prendono fuoco e altri
tre sono efficacemente colpiti. Gli undici piloti rientrano bassi sul mare
a tutta velocità. Intanto sono intervenuti anche gli Hurricane,
subito impegnati da Guiducci e dagli altri caccia.
I caccia inglesi inseguono i Macchi che
hanno mitragliato Mikabba; Devoto che si è attardato viene soccorso
da Lucchini e Ferrulli. I tre piloti vengono aggrediti da sette o otto
Hurricane e filano a tutto motore verso la Sicilia. Ferrulli ha l’aereo
ridotto a un colabrodo, Santonocito è stato colpito da un colpo
della contraerea al timone di profondità ed evitando manovre brusche,
benché mitragliato dalla caccia inglese, riesce a rientrare a Catania.
Anche gli altri aviatori della scorta rientrano tutti, sono le 14.10
del pomeriggio. Il serg. Fiorito, impegnato da tre Hurricane, atterra senza
più benzina a Trapani. Tutti i piloti ce l’hanno fatta e rientrano
incolumi. E’ stata una grande fortuna! L’impresa dei coraggiosi piloti
è citata nel bollettino di guerra n° 402. Il gen. Pricolo telegrafa
il suo elogio al X Gruppo. Mio padre più sommessamente commenta
“La prossima volta, i miei piloti su Mikabba ce li porto dopo che c’è
andato anche il figlio di Mussolini …!”
Si conclude così, una delle imprese
più rischiose e audaci cui i piloti del 4° abbiano partecipato.
La guerra continua
Il X Gruppo continua le operazioni su
Malta. Il 4 settembre 1941 cade il comandante Romagnoli. Dopo uno scontro
contro numerosi caccia inglesi il suo apparecchio è visto picchiare
lievemente, apparentemente in assetto normale, ma non rientra alla base.
Le ricerche, prolungate e accurate non danno esito. Le sua perdita è
sentita molto dagli altri piloti: comandante coraggioso e altruista era
sempre alla testa dei suoi piloti in ogni azione bellica. Gli sarà
decretata la massimo onorificenza al Valor Militare Il serg. Migliorato
testimonia che Romagnoli abbia rifiutato per sè una delle tre prime
corazze protettive dei Macchi a favore dei suoi gregari. Il giorno del
suo ultimo combattimento, Romagnoli non aveva l’abitacolo protetto. Dai
primi di ottobre il X Gruppo è a Comiso, dove è raggiunto
dal IX Gruppo fornito ora dei nuovi Macchi M.C. 202 e lo Stormo si riunisce
e si ricompatta. Il 25 ottobre 1941 in una missione su Malta cade il comandante
dello Stormo col. Eugenio Leotta: gli sarà concessa la Medaglia
d’oro al V.M., è ancora la dimostrazione che i comandanti del 4°
sono d’esempio e non si risparmiano.
Di nuovo a Gorizia
Mio padre a dicembre 1941 lascia l’84^
squadriglia e passa a Gorizia dove dirigerà i corsi della Scuola
Caccia comandata dal t.col. Botto. Per il suo comportamento sul fronte
africano, gli vengono conferite due medaglie d’argento al VM “sul campo”,
con le seguenti motivazioni:
Comandante ardito e valoroso di squadriglia da caccia, in cinque ardui combattimenti contribuiva con decisione e valore all’abbattimento di nove apparecchi avversari. In successivo combattimento, attaccato da formazioni da caccia soverchianti, pur conscio del grave pericolo accettava arditamente l’impari lotta, assicurando con la sua audacia e il suo valore una brillante vittoria all’ala italiana.Cielo di Tobruk e di Gabr Salech, 8 Agosto 1940.
Comandante di squadriglia da caccia partecipava a numerose azioni belliche su mare aperto e su munita base aeronavale avversaria. Attaccato da una formazione di caccia nemici numericamente superiore trascinava i propri gregari ad un impetuoso combattimento che si concludeva con una brillante vittoria.Cielo di Malta e del Mediterraneo, giugno – settembre 1941.
Il 4° per tutto il 1942 combatte sempre in prima linea, ancora in Africa Settentrionale nell’avanzata che porterà le truppe dell’Asse ad El Alamein e poi ancora dalla Sicilia su Malta con un eroico contributo di caduti tra i piloti e i comandanti dei reparti. Poi, sfondato il fronte egiziano dagli Alleati nel novembre 1942, inizia la ritirata in Libia e il successivo trasferimento in Patria. A febbraio 1943 lo Stormo è di nuovo operativo ma ormai si tratta di contrastare gli Alleati sul cielo italiano. A giugno - luglio le squadriglie sono a Catania per opporsi all’occupazione della Sicilia, ma è un inferno! Ancora gravi perdite e giovani vite di coraggiosi spezzate: il 5 luglio cade l’asso capitano Franco Lucchini. Viene decorato con la medaglia d’oro al VM, è e resta un simbolo per tutta l’Aeronautica italiana.
Dopo l’8 settembre
E si arriva, purtroppo, all’8 settembre
1943. A quella data il 4° è rimasto uno dei pochi reparti operativi
della Regia Aeronautica e combatte in Calabria per contrastare l’avanzata
degli Alleati nella penisola. Il proclama di Badoglio arriva la sera, anche
se giravano già voci dell’armistizio. in quei momenti drammatici,
in cui mancava un vero piano organico di protezione e di rischieramento
delle Forze Armate, il merito del comandante col. Armando Francois fu quello
di non perdere la testa e di mantenere unito il reparto. Si può
immaginare comunque il turbamento delle coscienze di quegli uomini: gli
ufficiali hanno motivato la loro scelta e ne hanno parlato ai sottoposti,
consapevoli dello sconcerto e del pericolo del “tutti a casa”. Però
alla fine prevale il grande spirito di corpo del 4° e il trascinante
esempio dei vari comandanti che in tante vicende di guerra condivise, non
hanno mai rinunciato a sacrificarsi alla testa dei loro uomini. E’ lo spirito
di Gorizia, è l’esempio che seppe loro dare il Duca Amedeo d’Aosta!
E’ un fatto che lo Stormo già il 10 settembre abbia riorganizzato
la forza all’aeroporto di Galatina – Lecce e che a Brindisi funzioni una
seppur ridimensionata struttura di vertice della Regia Aeronautica. Mio
padre, che è rientrato fortunosamente dalla Scuola Caccia di Gorizia
il giorno 10, il 12 settembre è al comando del X Gruppo. Il giorno
11 ricominciano anche le missioni di scorta e protezione sull’Adriatico.
Di quel periodo difficile ed anche umiliante
per le sorti della Patria, mio padre conserverà sempre un rammarico
profondo: la mancata concessione della massima onorificenza al Valor Militare
al capitano pilota Giovanni Baraldi.
Baraldi e la Bandiera dello Stormo
Le vicende che si conclusero col sacrificio
della vita del cap. Baraldi, fanno parte di un capitolo poco conosciuto
della storia del 4° Stormo. Baraldi l’8 settembre è responsabile
del Nucleo Deposito a Pescara, che rappresenta l’appoggio logistico dello
Stormo dove sostano gli aerei per le revisioni e le riparazioni. Il 13
settembre giungono da Lecce due S.M. 82 con i fusti di benzina per rifornire
gli aerei efficienti della base e trasferirli al sud. I due trimotori sono
scortati da due Macchi 205 pilotati dal ten Larsimont e dal mar.llo Perno.
Scaricati i fusti e caricato materiale di ricambio e personale gli aerei
ripartono, ma i tedeschi, appostati nei pressi delle piste sparano
con la contraerea: un trimotore e Larsimont riescono a decollare ed allontanarsi,
sebbene colpiti. Uno degli S.M. 82 si incendia, ma gli occupanti riescono
a salvarsi e fuggono, il pilota è catturato dai tedeschi. Anche
il mar.llo Perno, col 205 colpito, è costretto a riatterrare e fugge
sotto il fuoco dei tedeschi. Verso sera Baraldi è avvicinato da
un uomo in abiti borghesi: è un tecnico della ditta Macchi, il sig.Pozzi,
che la mattina è fuggito dal S.M. 82 incendiato. Baraldi tira un
sospiro di sollievo: l’uomo porta con se l’astuccio che contiene la bandiera
dello Stormo e che avrebbe dovuto raggiungere il reparto al sud. A questo
punto l’ufficiale ha la certezza che non potrà più ricevere
aiuti. Parte del personale si è sbandato e Baraldi si adopera con
altri ufficiali per far rientrare coloro che si erano allontanati, nasconde
poi parte del materiale del deposito e precauzionalmente si trasferisce
nel paese di San Giovanni Teatino tra Pescara e Chieti. Successivamente
l’ufficiale tenta, senza successo, di ottenere aiuto dal presidio di Chieti
per liberare l’aeroporto di Pescara dal controllo dei tedeschi in modo
da poter inviare al sud almeno gli aerei efficienti. Ritorna però
spesso nella villetta di Sambuceto poco lontana dall’aeroporto di Pescara
dove sono alloggiati gli specialisti del Nucleo. Per sicurezza sua e dei
suoi uomini egli accetta di trasferirsi temporaneamente presso una proprietà
della famiglia Valignani grazie alla disponibilità della madre del
ten. Alessandro Valignani pilota dell’84^ sq.. Sempre in quel periodo gli
aviatori sono braccati da pattuglie tedesche e a fine settembre si spostano
nuovamente a Colleferrato. Baraldi è fedele alle consegne ed è
restio ad allontanarsi dal Nucleo Deposito, la giovane moglie lo supplica
più volte e inutilmente di rientrare a casa. Neppure un gruppo di
partigiani è in grado di aiutarlo. Perse le speranze, Baraldi autorizza
il maresciallo Di Giulio, uno dei suoi uomini, a rientrare a casa a Tocco
da Casauria, consegnandogli la bandiera dello Stormo che è stata
da lui custodita fino a quel momento. Di Giulio nasconderà il glorioso
vessillo prima nella sua abitazione e poi in una tomba nel cimitero; per
questo fatto riceverà una decorazione al VM e la promozione ad Aiutante
di Battaglia per merito di guerra. Il gruppo di fedeli a Baraldi, ridotto
al lumicino, si sposta in continuazione per sfuggire ai tedeschi, le armi
sono occultate, gli uomini ormai rientrano a casa o si spostano al sud.
Arriva l’inverno e sopravvivere è veramente duro. Il 30 dicembre
il Gruppo viene sciolto ufficialmente da Baraldi. Il 9 gennaio 1944 una
pattuglia tedesca intercetta Baraldi insieme al s.ten. Del Moro e a due
specialisti in una casupola nei pressi di Chieti. I due specialisti riescono
a darsi alla fuga, mentre i due ufficiali si gettano sui due tedeschi tentando
di disarmarli. Ne nasce una violenta colluttazione, della quale ci sono
due diverse testimonianze e che purtroppo non aiutano a svelare la piena
verità dei fatti. Del Moro rimane ferito ma riesce a salvarsi: Baraldi
colpito, muore e il suo corpo, cui vengono rubati gli stivali, resta a
terra insepolto e coperto dalla neve. Il Comando tedesco, senza alcuna
umana pietà, nega il permesso di sepoltura, malgrado le accorate
richieste della signora Capozucco che aveva più volte aiutato Baraldi
e nonostante l’interessamento del Vescovo mons. Falcucci. Il corpo verrà
sepolto solo a liberazione avvenuta e cioè nel giugno 1944. Il valore
ed il coraggio del cap. Baraldi meriteranno la proposta della Medaglia
d’oro al V.M. alla memoria, ciò nonostante verrà decorato
di medaglia d’argento. La vicenda e il sacrificio di Baraldi, ancora una
volta, sono la testimonianza dell’altruismo e dello spirito di corpo degli
uomini del 4°. La sua fedeltà alla consegna, il suo prodigarsi
con sprezzo del pericolo in momenti in cui tutto poteva sembrare perduto,
possono sembrare ostinazione ai limiti del fanatismo se valutati col diffuso
sentire opportunistico di oggi. In realtà si tratta del più
puro e disinteressato senso del dovere, del vincolo al giuramento, di fedeltà
all’ideale di Patria e della responsabilità per il ruolo di comando
e per i gradi portati sulla divisa. Mio padre si adoperò nel dopoguerra,
con tutta la sua influenza, presso i vertici dell’Aeronautica per ottenere
per il capitano Baraldi la concessione della Medaglia d’oro. Fu tutto inutile!
Ostacoli burocratici? Opportunismi politici? Mio padre ne ricavò
solo una grande amarezza.
La testimonianza di Del Moro
Nel 2003 Del Moro, pilota della Scuola
Caccia di Gorizia, cosi’ ha raccontato in una intervista telefonica l’episodio
che si e’ concluso con la morte di Baraldi “… siamo rimasti in quattro,
io Baraldi, Fereghin ed un aviere, Mario di Trieste. I tedeschi ci hanno
trovato in questa grotta, io avevo la mia rivoltella sotto la paglia. I
tedeschi alla mattina all’improvviso entrano nella grotta, ci intimano
“raus”, fuori! Visto che erano male intenzionati, appena fuori dalla grotta
dico a Baraldi “saltiamogli addosso”, uno era armato con il fucile e l’altro
aveva la mia pistola. Ci hanno fatto andare sulla scarpata del fiume, ci
hanno messi tutti quattro in fila. Salto addosso a quello con il fucile,
gli prendo con una mano il fucile, lui spara ma non mi colpisce, non mollo
la canna. Baraldi salta addosso all’altro tedesco, quello che aveva la
mia rivoltella, parte un colpo e viene colpito probabilmente in bocca perche’
quando sono tornato giu’ ed ho parlato con qualcuno, mi hanno detto che
gli avevano trovato un foro (dietro la testa). I due avieri sono scappati
via. Tenendo (la canna ) del fucile (del tedesco) con la mano, siamo rotolati
per la scarpata. (Intanto) l’altro tedesco e’ sceso mi ha sparato (tutto
il caricatore della pistola). Il caricatore (della mia pistola) era pieno,
piu’ (aveva) un colpo in canna. Uno (l’ha sparato) a Baraldi, tutti gli
altri a me. Tre (colpi) ne ho presi, uno qua, uno qua e uno qua e dopo,
finite le pallottole, mi ha colpito con (il calcio della) rivoltella, mi
ha spaccato qua e qua dietro. Ho visto che non c’era piu’ niente da fare,
sono scappato via, avro’ fatto cento metri poi non ce l’ho fatta e sono
caduto a terra. Allora li a terra, oramai con la faccia piena di sangue,
ho tirato fuori il portafogli, i tedeschi sono rimasti la, ho scritto il
nome, il cognome, l’indirizzo e ... “mi hanno ucciso i tedeschi, 9 gennaio
1944”. Non ho avuto la forza di rimettere il portafoglio (nella tasca)
l’ho lasciato per terra (e ho perso i sensi). Dopo un po’ sento un rumore
e vedo sti due tedeschi che si avvicinano, faccio finta di essere morto.
Prendono il portafoglio e se ne vanno via. Dopo un po’ sento le donne parlare
di la’ del fiume, era un fiumiciattolo, chiamo, chiedo aiuto, “mandiamo
i nostri mariti” mi rispondono. Ero sereno, tranquillo, pensavo a mia madre
e ad una ragazza che avevo conosciuto in quei giorni, a Francavilla. Poi
vedo dall’altra parte del fiume un tedesco a cavallo, lo chiamo, tira fuori
la rivoltella, “Tu inglish?” ed io “No, sono italiano”. E quello mi ha
salvato, mi ha fatto salire sul cavallo, mi ha portato in una casa colonica,
disabitata. Era piu’ giovane di me, io avevo 23 anni, lui doveva averne
20 o 21. Mi ha detto di aspettare li che chiamava gli infermieri tedeschi.
Infatti dopo un po’ arriva con degli infermieri, due o tre. La zona, dal
fronte al fiume Pescara (?), esclusa Chieti, al 31 dicembre, era stata
fatta evacuare. Mi danno una fasciata e poi chiedo da bere. Dopo un po’
sento un colpo di rivoltella (che mi fa trasalire). Dopo mi fa salire (di
nuovo) sul cavallo. Giu’ dalla collina c’erano dei cosacchi, chiedo acqua,
mi portano vino. Con una camionetta mi portano a Chieti, ero in borghese.
Mi mettono in un corridoio poi in sala operatoria. Il giorno dopo arriva
un tedesco, voleva sapere dove avevamo messo … (le armi?). Il tedesco che
mi ha salvato veniva ogni giorno a trovarmi, mi portava (da mangiare).
Peccato che dopo la guerra non l’ho cercato per ringraziarlo.”
Una semplice ed elegante tabacchiera d’argento
è sul tavolino del salotto “giallo”, sul coperchio sono incise queste
parole: “To Sig. L. Monti with grateful thanks for your assistance
from N°-1 Special Force May 1945”. Questo oggetto ricorda la lunga
missione al Nord durata dieci mesi, dal giugno 44 all’aprile 1945 per tentare
il ricongiungimento al Sud dei piloti della RSI e la loro non belligeranza.
Fu portata a casa nostra a Sansepolcro da un Maggiore inglese della Special
Force (questi formalisti di inglesi avevano inviato un pari grado) e consegnata
a mia zia Genny l’unica che parlasse la lingua. Mio padre in quella circostanza
non era in casa, impegnato fuori in campagna. Erano i primi mesi del dopo
guerra, Sansepolcro era stata liberata nell’agosto del 1944, mio nonno
era morto a fine marzo 1944: tempi difficili, le comunicazioni e le strade
interrotte, la penuria di mezzi materiali richiedevano ancora sacrifici.
Da quella fine settembre ‘43, il 4° si era reso nuovamente operativo,
guadagnandosi il diffidente rispetto degli Alleati. A mio padre era stato
affidato, anche se solo Capitano, il comando del X Gruppo ed anche, ad
interim, quello dello Stormo, i voli di guerra erano continuati a Corfù
e sul fronte della Jugoslavia a supporto delle truppe italiane isolate
nei Balcani: ancora eroismi, ancora caduti, questa volta per mano tedesca.
A Maggio ‘44, il gen. Piacentini, rientrato dalla prigionia in Kenia, e
nominato Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, convoca mio padre
e gli chiede la disponibilità a portarsi al nord Italia per una
missione segreta ed altrettanto delicata. Mio padre, ovviamente, accetta,
convinto, come in ogni altra circostanza dal senso del dovere e dalla percezione
che gli obiettivi potessero essere raggiunti. Si doveva in sostanza convincere
quanti più piloti dell’ANR a disertare oppure, in subordine a fare
resistenza passiva riducendo l’attività di contrasto ai bombardieri
alleati diretti in Germania che, sorvolando la Pianura padana, subivano
pesanti perdite ad opera della caccia repubblicana particolarmente agguerrita
ed efficace. Inoltre avrebbe dovuto cercare di affiancare alle bande partigiane
anche il restante personale dell’Aviazione creando dei nuclei armati regolari.
Il gen. Piacentini stesso, sollecitato dai Comandi dell’Aviazione Alleata,
era persuaso che la missione potesse riuscire, dato che si erano verificati
duri contrasti tra italiani e tedeschi sull’impiego degli aerei italiani,
tanto che il col. Ernesto Botto sottosegretario di Stato all’Aeronautica
del governo di Mussolini, era stato sostituito dal più filo tedesco
gen. Tessari. Vista e giudicata col senno di poi, questa missione aveva
pochissime possibilità di riuscita, anche perché l’avanzata
degli alleati si fermò a sud degli Appennini dall’estate del 1944
e per tutto l’inverno del ‘45, complicando l’operato di mio padre. Inoltre
la partenza dei piloti per i campi del sud, doveva avvenire contemporaneamente
ad una data certa, per evitare i sospetti dei nazifascisti, come poi avvenne
e la cosa non era per niente facile. Molti piloti avevano poi le famiglie
residenti nelle regioni del nord Italia e perciò esposte ad eventuali
rappresaglie dei tedeschi, nel caso avessero disertato. Tutte queste ragioni
fecero poi fallire l’operazione, ma mio padre contando anche sul suo carisma
nell’ambiente aeronautico, accettò perché, almeno si doveva
provare.
I piloti dell’A.N.R. Aviazione Nazionale
Repubblicana
Dopo sessantacinque anni da quella vicenda,
si devono forse fare altre considerazioni. Emerge con chiarezza, almeno
da parte dei vertici della Regia Aeronautica, la volontà di superare
la divisione causata dall’armistizio e favorire in qualche modo il ricongiungimento
senza traumi di coloro che militavano nell’ANR. Si sa che quasi tutti i
piloti avevano fatto la scelta di continuare a combattere a fianco dell’alleato
tedesco, non per convinzione ideologica o fanatismo spinto alle estreme
conseguenze, ma per motivi che non avevano nulla dell’esaltazione militarista.
Ricostituitasi la Repubblica Sociale di Mussolini e affidata a Botto l’incombenza
di formare l’Aeronautica repubblicana, tanti aviatori si erano affidati
alle direttive di quel comandante così rispettato e stimato. Certamente,
nelle ultime fasi della guerra non si può escludere che qualcuno,
isolato dal sospetto tedesco e considerato dai connazionali servo dei nazisti,
possa essere caduto in una disperata ed immotivata esaltazione: succede
in tutte le guerre! Molti piloti, per non affiancarsi ai tedeschi erano
tornati alla vita civile per restare vicini agli affetti familiari e a
un lavoro, seppur precario, che continuasse a permettere loro di sbarcare
il lunario. Altri avevano creduto, in assoluta buonafede, di continuare
a combattere per l’onore, disgustati dal comportamento di Badoglio, di
casa Savoia e dei vertici militari: per loro non si trattava di combattere
contro altri italiani, ma di difendere le case e le fabbriche del nord
dai bombardamenti degli anglo americani. Il colonnello Baylon soleva motivare
i suoi piloti con queste parole piene d’orgoglio e di dispiacere: “Noi
del Nord la guerra la perderemo ... quelli del Sud l’hanno già persa!”
Tanto più che non si potevano dimenticare tanti anni di sacrifici,
di eroismi, di franco cameratismo vissuti in guerra sotto le insegne della
stessa Patria. Dopo molti anni il m.llo Migliorato, pilota della 91°
sq., mi confessò con molto candore: ”Io rimasi al Nord, non perché
fossi convinto, anzi ... I miei amici” disse proprio così “erano
tutti al Sud, avrei voluto essere anch’io con loro, ma non mi fu possibile”.
Nel tentativo del gen. Piacentini c’era la volontà, neppure tanto
nascosta, di salvare i piloti della RSI da ulteriori inutili sacrifici,
da umiliazioni e da quelle che poi si riveleranno solo sanguinarie vendette
e rivalse ingiustificate. I fomentatori di discordie sarebbero venuti dopo,
regolando i conti con coloro che avevano avuto solo la colpa di scegliere
con coraggio la sconfitta delle armi e della Storia.
Il col. Ernesto Botto
Dopo un addestramento all’uso della radio
e alcuni lanci di prova col paracadute, mio padre si lancia nella notte
tra il 13 e 14 giugno 1944 da un quadrimotore Halifax dello Special Force
N°1 per atterrare nelle Valli veronesi nei pressi di Legnago dove è
atteso da una delle prime bande partigiane della pianura veneta.
Quella trentina di patrioti, inizialmente
equivocano: si aspettavano che l’ufficiale paracadutato portasse loro anche
un congruo finanziamento per la loro attività clandestina. Successivamente
fornirono a mio padre documenti falsi tedeschi e lo inviarono prima a Lonigo
e poi a S. Pietro in Gu in provincia di Padova, dove poté incontrare
l’ing Prandina, un ufficiale dell’Ufficio di Sorveglianza Tecnica della
FIAT che lo mise in contatto con altri membri della Resistenza, per istruirlo
su come tenersi alla larga dai nazifascisti e come mantenere la sicurezza.
L’ing. Giacomo Prandina, di orientamento cattolico e coraggioso partigiano
“bianco”, verrà poi catturato dai tedeschi e torturato, imprigionato
in Germania, vi morirà di stenti poco prima dell’arrivo delle truppe
alleate; è decorato di MOVM alla memoria. Per il primo contatto
mio padre si reca a Venezia a casa del tenente Paolo Berti già pilota
del 4° e dell’84^ sq.. Berti ingegnere civile, si è congedato
dall’Aeronautica dopo l’8 settembre e lavora per la milanese ditta di costruzioni
Girola. Mio padre che ha grandissima stima dell’uomo, lo raggiunge a Milano.
Qui, grazie a Berti, incontra il cap. Clizio Nioi e il ten. col.
Salvadori, ma questo contatto non è proficuo malgrado la sostanziale
disponibilità dei due ufficiali. Viene anche dissuaso dal tentare
di conferire col gen. Arrigo Tessari: troppo pericoloso! Intanto riesce
ad incontrare il magg. D’Agostinis anche lui del 4° e viene a sapere
che il collaudatore Mario Stoppani è disponibile al trasferimento
da Monfalcone al Sud di aerei da lui collaudati. Berti prova a mettersi
in contatto con Valignani che addestra i piloti dell’ANR a Gorizia e chiede
al collaudatore della Macchi, Carestiato se c’è disponibilità
per trasferire qualche caccia al Sud. Mio padre intanto si è trasferito
a Torino per avvicinare i piloti in forza a Caselle Torinese. Casualmente,
in città incontra il ten. col. Ernesto Botto, ormai non più
sottosegretario della RSI e gli parla apertamente della sua missione. Botto
si dichiara disponibile a valutare il piano di Piacentini e dà appuntamento
per il giorno seguente nello studio del rag. Rol in corso Galileo Ferraris
in centro città. Botto si presenta col ten. col. Calosso già
comandante del 54° Stormo che non aveva aderito alla Repubblica Sociale.
I colloqui proseguirono per ben cinque giorni e vi parteciparono successivamente
altre “vecchie conoscenze” del 4°, i capitani Aurili e Pezzè
e i tenenti Costigliolo e Querci. Da quelle discussioni emersero subito
le prime difficoltà legate alla possibilità di ritorsioni
tedesche nei confronti delle famiglie dei piloti. Unico risultato fu l’impegno
di Botto ad impegnarsi per ridurre l’attività della caccia repubblicana
contro i bombardieri anglo americani.
Il magg. Adriano Visconti
In quelle circostanze Botto e Calosso
contattarono anche l’asso magg. Adriano Visconti comandante del 1°
Gruppo caccia. Visconti stava attraversando un periodo di crisi perché
il gen. Tessari, in visita a quel Gruppo, col pretesto di avervi trovato
il personale provato aveva inviato tutti i piloti in licenza per
un mese. Il magg. Visconti aveva considerato la circostanza, che di fatto
smantellava il suo Gruppo, come un affronto personale. Pur tuttavia, quando
seppe da Botto e Calosso che c’era la possibilità di trasferirsi
al Sud, con un piano apposito, rifiutò perché riteneva di
essersi compromesso personalmente con gli Alleati fuggendo dalla Sardegna
dopo l’otto settembre e soprattutto per il rispetto dovuto ai molti caduti
del suo reparto caccia. Rientrato a San Pietro in Gu, mio padre riallaccia
i contatti con la missione alleata e viene informato che sono stati approntati
due campi per accogliere gli aviatori del nord: uno nei pressi di Pescara
e l’altro in Corsica. Intanto tarda ad arrivare da radio Londra il messaggio
in codice che avrebbe dovuto autorizzare Botto a insistere nel raccogliere
adesioni di piloti repubblicani per il trasferimento a Sud. A questo punto
è necessario accelerare gli eventi e mio padre prende l’iniziativa
di stabilire come termine ultimo per la partenza il giorno 20 agosto. A
Torino organizza una postazione radio indispensabile per permettere ai
piloti di Caselle di decollare. Contemporaneamente le difficoltà
aumentano, così che alcuni piloti come Berti, D’Agostinis ed il
m.llo Marasco riprendono in considerazione il progetto di partire con gli
aerei della Macchi messi a disposizione da Carestiato. Mio padre fa la
spola tra Torino e Milano. A Torino si reca nuovamente da Botto a Villadeati
perché l’ufficiale è impossibilitato a muoversi dato che
l’auto gli è stata requisita dai partigiani.Nel tentativo di adoperarsi
per far restituire a Botto, che ha perso una gamba in Spagna, l’auto, viene
scambiato per un torturatore di partigiani e viene trattenuto dalla banda
comandata da “Franco”. Secondo i partigiani i documenti della Special Force
sono falsi perché sprovvisti di timbro a secco e vogliono fucilare
immediatamente mio padre. Per fortuna, egli riesce a farsi riconoscere
dal s.ten. pilota Zanello, partigiano e già pilota del 4° che
insieme a Botto convincono il comandante “Franco” della sua identità.
Il collaudatore dei CANT-Z, Mario Stoppani
Questi contrattempi, comprensibili
in quel marasma, fanno perdere altro tempo a mio padre che ha in mente
di convincere anche gli aerosiluratori a passare al Sud. Il tentativo,
dopo il contatto con il capitano Cipelletti, fallisce e mio padre si porta
nuovamente a Udine dove incontra ancora il collaudatore Stoppani che propone
a mio padre di utilizzare un CANT-Z. 1007. Il 18 agosto, effettuato un
volo d’ambientamento a Ronchi dei Legionari, Stoppani prepara il passaggio
delle linee avvisando alcuni piloti tra cui il ten. col. Brambilla di tenersi
pronti. Valignani avrebbe invece, utilizzato un BR 20 in maniera autonoma.
La mattina del 21, insieme a D’Agostinis e Stoppani, parte in auto da Cervignano
per dirigersi a Milano dove un secondo gruppo di piloti comprendente appunto
D’Agostinis e Berti sarebbe decollato da Lonate utilizzando i Macchi. Mio
padre comincia ad avere fretta: la sua attività inizia a destare
sospetti e troppi sanno della sua missione. Nei pressi di Treviso l’auto
è fermata ad un posto di blocco delle SS che hanno dei sospetti
e stanno per arrestare i due ufficiali. Mio padre con notevole sangue freddo
riesce a distrarre il capoposto e a fuggire con Stoppani, mentre D’Agostinis
è arrestato. Per fortuna, non succede altro, ma mio padre mi ha
confessato che in quegli attimi in cui si stava allontanando si aspettava
solo una raffica di mitra nella schiena. Lasciato Stoppani a Brescia prosegue
in treno per Milano dove Berti lo informa che Aurili e Querci da Torino
vogliono incontrarlo. Ci sono novità! I tedeschi hanno mangiato
la foglia e, sempre diffidenti con gli italiani, hanno decentrato gli aerei
in maniera tale che nessuno possa partire alla chetichella. Proprio in
quei giorni i tedeschi si presentarono negli aeroporti del Nord, dove dissero
chiaramente che sospettavano una diserzione; per questo motivo volevano
sapere chi dell’Aeronautica Repubblicana fosse disposto a restare con loro.
Coloro che aderirono, furono avviati in Germania mentre il restante personale
fu consegnato negli aeroporti e considerato prigioniero. In alcuni casi
ci furono persino sparatorie a seguito di questo provvedimento dei tedeschi;
poi però le acque si calmarono e lo stesso Mussolini ottenne dai
comandi tedeschi che il personale dell’ANR fosse posto in congedo. Questo
atto segna lo scioglimento ufficiale dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana.
A Milano ancora una volta, mio padre viene a sapere dal figlio di Stoppani,
collaudatore della Nardi, che i tedeschi hanno requisito tutta la benzina
bloccando così ogni attività di volo.
Il rientro al Sud
Si decide a lasciare Milano dove ha dato
come ultima istruzione a Berti di convincere i responsabili delle ditte
aeronautiche della Lombardia ad occultare quanto più materiale possibile.
Rientra così a Vicenza dove però ha notizia che SS e Brigate
nere sono sulle sue tracce a seguito di denuncia a carico suo e di altri
partigiani della zona, gli viene consigliato di tenersi lontano dal vicentino
e da Padova. Prende la decisione di approfittare del CANT-Z. 1007 di Stoppani
per portarsi al Sud, ma il collaudatore gli dice che ormai i tedeschi hanno
fatto smontare gli ultimi due efficienti. Mio padre si nasconde allora
in casa Stoppani dove, tagliatisi barba e baffi, si procura nuovi documenti
e decide di passare le linee a piedi dopo aver lasciato messaggi per coloro
che volevano fare altrettanto.
Raggiunta Bologna a metà di settembre
pensa di attendere l’arrivo degli Alleati che sono giunti a Rimini. Ma
questo non succede e riannodati con difficoltà i contatti con la
missione, chiede e attende istruzioni che arrivano solo a metà gennaio,
con l’ordine di passare le linee e per questo di prendere contatto col
magg. inglese Erikson nel modenese. In quel periodo viene a sapere che
un camion della Croce Rossa deve partire per Sestola e da lì si
possono passare le linee con l’aiuto di guide esperte. La partenza del
camion è sempre ritardata ed allora mio padre si accorda col cap.
Lorenzo Pallavicini che si era dato alla clandestinità e aveva pure
una taglia di 25.000 lire sul capo, per tentare di passare le linee a piedi,
ma giunti a Montepastore, una ventina di km. a sud di Bologna, sono rimandati
indietro da un maresciallo tedesco. Rientrato nel capoluogo emiliano, non
riesce a rintracciare il magg. Erikson e si rassegna insieme a Pallavicini
ad attendere l’arrivo delle truppe alleate. In quel periodo ha modo di
incontrare alcuni piloti che hanno militato nell’ANR e che si confidano
con lui rivelandogli lo sfascio di quell’ambiente, dominato per lo più
da gente ambiziosa e velleitaria in contrasto con quegli aviatori che non
avevano collaborato con i tedeschi o addirittura avevano partecipato alla
resistenza. Ma la resa dei tedeschi e la Liberazione tardano ad arrivare
e mio padre si affida all’avv.to Turilli che gli ha usato più di
una cortesia nel periodo bolognese. Turilli lo indirizza al partito comunista
che è ben organizzato nella resistenza emiliana e così insieme
a Pallavicini raggiunge, in zona controllata dai partigiani, la missione
inglese del magg. Dawies, da dove accompagnato da staffette, attraversa
il fronte raggiungendo Barga in Garfagnana il 15 aprile 1945.
La ricompensa per la missione oltre
le linee
Per questa lunga e rischiosa missione
mio padre viene proposto per la medaglia d’argento che poi sarà
declassata nel bronzo al VM, con la seguente motivazione
“Ufficiale animato da elevati sentimenti di amor patrio e di dedizione all’ Arma, accettava volontariamente di compiere una speciale missione per operare il ricongiungimento delle forze dell’Aeronautica rimaste in territorio occupato dai tedeschi a quelle ricostituentesi alle dipendenze del Governo legittimo. Raggiunta l’alta Italia mediante aviolancio, per dieci mesi si prodigava instancabilmente nel compito assuntosi, incurante del gravissimo rischio, penetrando audacemente negli ambienti militari avversari. Con passione e intelligenza svolgeva efficacissima opera di persuasione per sottrarre il personale dell’Arma alla collaborazione del tedesco invasore, confortava e assisteva i militari alla macchia, si prodigava nell’organizzazione del passaggio di velivoli e piloti in territorio liberato, raccoglieva e trasmetteva al proprio comando preziose notizie sulle forze nemiche”.Italia Occupata, 14 giugno 1944 / 15 aprile 1945
Così, con questa medaglia, il Maggiore A.A. r.n. pilota Luigi Monti, entrava anche nel ristretto numero di militari italiani decorati al Valore sia dal Regno che dalla giovane Repubblica.
Il congedo e il ritorno alla vita civile
mti068, mti005, mti009, mti029, mti036, mti043, mti044, mti064b, mti065,
mti067
Dopo la guerra, mio padre si congeda dall’Aeronautica
col grado di Maggiore pilota, ritenendo di aver dato abbastanza alla Patria
e rientra alla vita civile. Si deve occupare dei beni di famiglia che amministrerà
nel periodo difficile della ricostruzione e poi gestendo il passaggio dalla
mezzadria alla conduzione diretta in agricoltura, riuscendo a guidare con
accortezza e sagacia quel mutamento epocale che coinvolgerà la nostra
terra di Toscana. Potrebbe facilmente laurearsi, gli mancano solo otto
esami di Economia e Commercio: gli ex combattenti sono trattati con un
occhio di riguardo negli Atenei, ma preferisce lasciar perdere. Si mette
insomma a fare il Cincinnato, come faranno tanti suoi compagni d’arme.
E sì che potrebbe avere una carriera prestigiosa in Aeronautica,
ma gli alti gradi non fanno per lui, poco incline a fare il passacarte
dietro una scrivania. Rimpiangeva sempre il periodo da capitano, da lui
definito “ il più bel grado delle Forze Armate”. E pure potrebbe
vantare meriti “resistenziali” più di molti altri che in quel periodo
sgomitano per mettersi in mostra. Penso che in quei momenti, riaffiorasse
in lui il senso del dovere. Dovere e responsabilità nei confronti
delle generazioni che lo avevano preceduto e che si erano sacrificate “sgobbando”
per lasciare a chi veniva dopo, un certo benessere e sicurezza materiale.
Si rimette in gioco nuovamente. Non sa nulla d’agricoltura, non conosce
nemmeno la differenza tra il frumento e l’orzo, ma impara rapidamente e
sale sul trattore, che considererà sempre più pericoloso
dell’aereo. Acquistati trattori e trebbiatrice, innovativi per quei tempi,
esegue conto terzi motoarature e trebbiature a contatto con un mondo rurale
che fino allora lo aveva solo sfiorato. Proseguirà in questa attività
fino a metà degli anni ’70. Buon conoscitore degli uomini data la
sua precedente esperienza di comando, sa dare valore alla fatica che il
duro lavoro della terra esige ogni giorno e apprezza le capacità
contadine che fanno fruttare la campagna. In quegli anni di forti contrasti
sociali e di classe, sa meritarsi il rispetto anche delle persone che
avversano le sue idee e covano rancori e voglia di rivalsa.
Il teatro di Sansepolcro
Un’altra grande passione di mio padre
sarà il Teatro Dante di Sansepolcro di proprietà dell’Accademia
dei Risorti. Il Teatro, inaugurato nel 1836, è una istituzione
della città e fino agli anni ’50 è stato lasciato in condizioni
di abbandono, affittato al sig. Cutini di Arezzo come cinematografo. Mio
padre si adopererà per adeguarlo ai tempi. Insieme ad altri componenti
il Consiglio, tra cui ricordo volentieri il sig. Luigi Giovagnoli e l’ing.
Perugino Perugini, trasformerà l’Accademia dei Risorti in S.r.L.
e l’attività cinematografica, gestita in proprio, consentirà
l’avvio di restauri conservativi che restituiranno nel tempo al Teatro
l’antico decoro. Se oggi il Teatro Dante di Sansepolcro è uno dei
pochi teatri della Toscana rimasto di proprietà privata, attraverso
un’amministrazione oculata e l’impegno disinteressato di alcuni cittadini,
è merito e orgoglio dell’Accademia dei Risorti. Mio padre resterà
sempre in contatto con quelli del 4° Stormo attraverso la Calotta,
i raduni e quelle iniziative del ricordo e della memoria cui periodicamente
i “veci” parteciperanno. Ho avuto il raro privilegio di conoscere molti
di loro: italiani che neppure la divisione della Patria tra Nord e Sud
dopo l’8 settembre, era riuscita a mettere “contro”. Sto parlando di un
legame così profondo e ideale tra quegli uomini, che neppure so
spiegare e che riesce solo a commuovermi. Mio padre sarà per sempre
un pilota.
Tempo di guerra e tempo di pace
Affido volentieri la chiusura di queste
poche pagine a un ricordo di mio padre; ne è autore il caro amico
di una vita: per me, semplicemente, Sandro. Conobbi Luigi Monti, il Colonnello,
come lo chiamavano tutti in paese, alla fine degli anni ’50, quando avevo
poco più di otto anni, perché ero compagno di scuola del
figlio Bernardo. Ero appassionato di storia dell’aviazione: sapevo a menadito
tutti i modelli di caccia che avevano solcato i cieli dell’ultimo conflitto
mondiale, e poter frequentare uno che era stato ai comandi di quelle mitiche
macchine volanti, mi riempiva di orgoglio. Era un uomo asciutto nel corpo
come nell’eloquio, misurato nel parlare come lo sono a volte i militari,
ed anche certi ruvidi toscani, e ancor più stringato diventava quando
si toccava l’argomento della guerra. Una volta gli chiesi quale ebbrezza
avesse provato a lanciarsi col paracadute. Mi rispose con brevi parole,
mentre un guizzo ironico gli assottigliava gli occhi chiari, che non gli
era mai garbato, tranne quella volta che in Spagna si era buttato dal suo
CR 32, per non arrostirci dentro. L’avara risposta deluse la mia curiosità
di ragazzo, che si aspettava chissà quali descrizioni emozionali.
E così fu altre volte, quando cercai di parlare col Colonnello delle
sue imprese di guerra: liquidava sempre l’argomento con scarne battute.
Capii col tempo. Crescendo fui folgorato dalla passione per la montagna
verticale e, nell’esercizio di questa pratica, ebbi la fortuna di conoscere
fior di alpinisti. Nelle loro parole, lo stesso riserbo del vecchio aviatore,
quando parlavano del passato. Chi ha veramente vissuto la guerra o la montagna,
ha visto la morte in faccia, ha perso il commilitone o il compagno di cordata,
non ha gran voglia di parlare di tutto ciò, o peggio di ricamarci
sopra della retorica. Bernardo mi aveva parlato dell’esistenza di alcuni
spezzoni di pellicola che il padre aveva girato in varie occasioni del
suo passato di ufficiale pilota, ma che, molto malvolentieri, rivedeva
raramente, per evitare la pena delle immagini degli amici caduti in combattimento.
Parecchi anni dopo la morte del padre, Bernardo mi mostrò i vecchi
filmati. Nel vedere gli sbiaditi fotogrammi di quell’uomo in guerra tra
uomini in guerra, mi balenò un ricordo lontano della mia infanzia:
di lui che una sera rientrava a casa dalle sue terre, sul far del tramonto,
alla guida del trattore, e mi saluto con un sorriso. Le immagini del filmato,
di quel giovane che viveva una quotidiana sfida con la morte, ed il mio
ricordo del tranquillo gentiluomo di campagna, mi parvero inconciliabili,
appartenenti a vite e persone diverse. Leggo una delle belle pagine che
precedono, e le due immagini si saldano invece indissolubilmente. Ad un
superiore che quasi gli rimproverava di non avere mitragliato il nemico
abbattuto, Luigi Monti rispose “Sono un aviatore, non un criminale”. Combatté,
da eroe ma senza fanatismo e, finito il conflitto, scese dai caccia e salì
sul trattore, perché sapeva che c’è un tempo per ogni cosa:
per la guerra come per la pace.Sandro Rondoni.
Si riportano alcuni stralci dei Diari Storici del X° Gruppo e della 84^ Squadriglia, relativi alla partenza per il fronte africano.
Stato Maggiore Aeronautica - Ufficio
Storico
Diario Storico - 10 Gruppo C.T.
1940
Il Gruppo ha sede di pace a Gorizia
ed e' comandato dal Ten. Col. PIRAGINO Armando.
Comandano le tre Squadriglie i Capitani:
MONTI Luigi 84^ Sq.
MAGGINI Renzo 90^ Sq.
D'AGOSTINIS Giuseppe 91^ Sq.
Il giorno 5 Giugno, in seguito ad ordine
verbale del Comando di Stormo, partono per Brindisi gli uomini di Truppa
e gli Specialisti.
Gli equipaggi sono:
84^ Squadriglia: Cap. Monti Luigi;
Cap. Lanfranco Aldo; Ten. Vanni Vincenzo; Ten. Aurili Giuseppe; Mar. Nicola
Emiro; Mar. Bandini Mario; Serg. Magg. Corsi Ugo; Serg. Santocito Domenico;
Serg. Patrizi Corrado; Serg. Scaglioni Giuseppe; Serg. Steppi Roberto;
Serg. Pillepich Narcisio. Il Ten. Aurili, trovandosi in missione speciale
in Ungheria, non puo' partire in volo con la Squadriglia.
90^ Squadriglia: Cap. Magini Renzo;
Ten. Guiducci Giovanni; Ten. Lucchini Franco; Ten. De Benedetti Neri; S.Ten.
Rusconi Alessandro; Mar. Alesi Omero; Serg. Savini Angelo; Serg. Monterumici
Amleto; Serg. Crociati silvio; Serg. Sclavo Alfredo; Serg. Ceoletta G.Battista;
Serg. Guillet Paolo; Serg. Bortoletti Bruno.
91^ Squadriglia: Cap. D'Agostinis Giuseppe;
Ten. Martissa Enzo; S.Ten. Caporali Ruggero; Mar. Chianese Raffaele; Mar.
Romandini Vittorio; Serg. Magg. Ferrulli Leonardo; Serg. Magg. Migliorato
Lorenzo; Serg. Magg. Fiorito Natale; Serg. Miotto Elio; Serg. Scozzoli
Guido; Serg. Rosa Aldo; Serg. Bladelli Alessandro; Serg. Ferrario Luigi.
Il X° Gruppo viene dotato di 27
Apparecchi C.R. 42 mediante la cessione da parte del 9° Gruppo di 5
aeroplani. Ogni Squadriglia ha quindi in carico 9 C.R. 42 ed un Ca. 133
per il trasporto eventuale di materiale e personale. Secondo il piano di
adunata, il X° Gruppo dovra' raggiungere, quale sede di guerra, l'Aeroporto
di Tobruch=T.2.
Il Comandante del X° Gruppo C.T.
- Ten. Colonnello Pilota Carlo Romagnoli.
Diario Storico - 84^ Squadriglia C.T.
1940
5/6 = 1940
La 84^ Squadriglia Caccia Terrestre
del 4° Stormo C.T. con sede in Gorizia riceve verbalmente l'ordine
dal Comando del Xº Gruppo C.T. di trasferire, per vie ordinarie con
destinazione Brindisi, tutto il personale specializzato, i piloti non destinati
a partire in volo ed il materiale occorrente per il funzionamento della
Squadriglia. Alle ore 10.30 dalla stazione ferroviaria di Gorizia S. Marco,
il personale in un treno speciale, lascia Gorizia dopo aver ricevuto il
saluto del Comandante e del personale tutto del 4° Stormo C.T. Alla
data della ricezione dell'ordine di trasferimento l'84^ squadriglia C.T.
E così costituita:
Piloti N° 12: Cap. Monti Luigi;
Cap. Lanfranco Aldo; Ten. Vanni Vincenzo; Ten. Aurili Giuseppe; Mar. Nicola
Emiro; Mar. Bandini Mario; Serg. Mag. Corsi Ugo, Serg. Santonocito Domenico;
Serg. Patrizi Corrado; Serg. Scaglioni Giuseppe; Serg. Steppi Roberto:
Serg. Pillepich Narciso. Il Ten. Aurili Giuseppe, trovandosi in missione
speciale all'estero (Ungheria), non partecipa al trasferimento della Squadriglia.
Personale specialista: Motoristi: 3
Sottufficiali e 10 di truppa; Montatori: 1 Sottufficiale e 5 di truppa;
Armieri: 1 Sottufficiale e 4 di truppa; Governo: N° 22 Avieri. Apparecchi:
N° 6 C.R. 42.
6/6 = 1940
Il IX° Gruppo C.T. cede al Xº
Gruppo gli apparecchi occorrenti per raggiungere il numero di 9 aeroplani
per Squadriglia. La 84^ Squadriglia C.T. ne prende quindi in carico 2 cedutegli
dalla 73^ Squadriglia e 1 dalla 96^ Squadriglia. Vengono inoltre assegnati
alla 84^ Squadriglia tre piloti per poter effettuare il trasporto in volo.
Essi sono: S.Ten. Oblac ed il Serg. Gino (73^) ed il S.Ten. Agnelli (96^).
Viene comunicata dal Comando del Xº Gruppo la sede dello schieramento
della Squadriglia deve raggiungere in volo e cioè l'aeroporto di
"T2" di Tobruch (Cirenaica). Vengono inoltre fissate le tappe e dati gli
ordini necessari per effettuare il trasferimento. La partenza dovrebbe
avvenire il giorno 8 giugno all'alba.
7/6 = 1940
Alle ore 12.00 il Comandante del Xº
Gruppo comunica che la partenza deve avvenire al più presto nella
giornata stessa. Tutto il personale della Squadriglia che parte in volo
ha appena il tempo di chiudere il proprio bagaglio. Il Comandante del 4°
Stormo e il personale tutto dell'aeroporto di Gorizia dà ai partenti
un affettuoso, commovente saluto. La Squadriglia su 9 C.R. 42 e con 1 apparecchio
da trasporto Ca. 133 decolla alle 15.10 con la seguente formazione:
C.R. 42
Ten. Col. PIRAGINO Armando
Serg. SANTOCITO Domenico
S.Ten. AGNELLI
Cap. MONTI Luigi
Mar. BANDINI Mario
Serg. GINO Santo
Ten. VANNI Vincenzo
Serg. Magg. CORSI Ugo
S.Ten. OBLAC
Ca 133
Piloti: Mar. NICOLA Emiro
Serg. STEPPI Roberto
Specialisti: Motoristi: Serg. Magg.
MONTRESOR Mario
Serg. Magg. RIEPPI Mario - 1º
Av. REICHSTEIN Renato
Montatori: 1° Av. NANNI Pietro.
Rimini è la prima meta degli
apparecchi; su quel campo si atterra alle 16.00. Il rifornimento viene
eseguito a cura degli specializzati del IX° Gruppo giunti precedentemente
a Rimini con gli apparecchi Ca. 133. Da Rimini la Squadriglia decolla alle
17.30, facendo rotta sul campo di Foggia dove atterra alle 18.50. L'Apparecchio
di trasporto della Squadriglia partito da Gorizia e diretto a Foggia senza
atterraggi intermedi, si trova già su questo campo.
8/6 = 1940
Alle 9.15 la Squadriglia decolla dal
Campo di Foggia diretto a Grottaglie dove atterra alle 10.00. A Grottaglie
un apparecchio, causa la rottura dei flappelli, ci fa ritardare la partenza.
I camerati del 6° Stormo ci accolgono fraternamente e si prodigano
perché i nostri rifornimenti avvengano nel più breve tempo
possibile. Alle ore 15.20 tutti gli apparecchi della Squadriglia decollano
dal campo di Grottaglie diretti a Catania. Al largo del golfo di Taranto
incontriamo per breve tratto un temporale violentissimo con forti scariche
elettriche; in seguito facciamo quota, si devia sulla destra della rotta
prestabilita per evitare notevoli formazioni nuvolose che si spingono oltre
i 4000 m. Su Vibo Valentia siamo nuovamente in rotta a poche centinaia
di metri di quota. Sorvolato lo stretto di Messina si incontrano spesse
formazioni di nubi che si abbassano al di sotto di 50 m di quota sul mare.
Atterriamo a Catania in perfetta formazione e alle 17.10; sull'Aeroporto
non troviamo nessuna assistenza per eseguire i rifornimenti quantunque
si abbia l'impressione di trovarci in una sede attrezzatissima. Superando
notevoli difficoltà e con grande perdita di tempo, gli specializzati
trasportati in volo effettuano rifornimento di tutti gli aeroplani; si
pernotta a Catania.
9/6 = 1940
Al mattino ci viene comunicato l'ordine
perentorio di raggiungere in volo Tripoli a qualunque costo e a prezzo
di qualunque sacrificio, facendo scalo sull'aeroporto di Pantelleria: le
condizioni del tempo su questa isola sono proibitive ad una formazione
di gruppo di 27 caccia. Le condizioni atmosferiche di Pantelleria danno
a 600 m. 10/10 coperto con altre formazioni nuvolose da 300 a 600 m., la
quota d'atterraggio sul livello del mare e di 200 m. Il comandante del
Gruppo (Ten. Col. Piragino), ben comprendendo i gravi rischi di un simile
trasferimento, chiama a rapporto i tre Comandanti le Squadriglie; durante
questo rapporto, esclusa la possibilità di un atterraggio a Pantelleria,
si stabilisce di raggiungere Tripoli facendo scalo a Comiso; si controlla
accuratamente la distanza che separa Comiso da Tripoli e si chiede l'autorizzazione
a Roma per effettuare la variante del percorso già stabilito. L'autorizzazione
viene telefonicamente concessa. La Squadriglia decolla da Catania alle
11.00 e atterra a Comiso alle 11.30; lo Stormo da bombardamento dislocato
su quell'aeroporto ci dà la massima assistenza e ospitalità;
viene particolarmente curato il rifornimento completo degli aeroplani.
Gli equipaggi indossano il salvagente; e il Comandante del Gruppo chiama
rapporto tutto il personale impartendo gli ordini precisi da eseguire durante
la traversata del Mediterraneo. Alle 15.00 decolliamo da Cosimo scortati
da tre idro Cant. Z. 506 che hanno il compito di guidare la rotta di raccogliere
quei piloti che a causa di eventuali avarie al motore fossero costretti
a scendere in mare. Per evitare l'isola di Malta si devia leggermente sulla
destra della rotta dopo aver compiuto la traversata in perfetta formazione
e senza lamentare incidenti di sorta. Si atterra all'aeroporto di Castel
Benito alle 17.00.
10/6 = 1940
Finalmente una giornata intera di riposo.
Il personale specializzato della squadriglia coadiuvato dal personale del
secondo stormo approfitta per la messa a punto dei motori.
Il Comandante la 84^ Squadriglia C.T.
Capitano A.A. r.n.
Luigi Monti
Documentazione fotografica:
Archivio Associazione 4° Stormo,
Ufficio Storico Aeronautica Militare e famiglie Annoni, Bandini, Baschirotto,
Bersani, Ceccotti, Cesari, Comelli, Dequal, Del Moro, Movia, Gon, Lapanja,
Mantelli, Montanari, Movia, Oblach, Omiccioli, Paravicini, Pocar, Secchiaroli,
Stasi, Steppi, Stoppani, Virgilio.
Testimonianze verbali:
Del Moro
Consulenza tecnica e storica:
Gabriele Brancaccio, Sergio Mecchia,
Ferdinando Pedriali, Franco Orlando
Si ringrazia per la collaborazione:
Manlio Palmieri, Piero Melandri e Sandro
Rondoni
Bibliografia: Diari Storici, "Ufficio Storico Aeronautica Militare", "Quelli del Cavallino Rampante", gen. Antonio Duma