Tarcisio Manzan
Testimonianze e ricordi
“…in località
Pantanali, a metà strada da San Giorgio di Nogaro e Muzzana (ove
risiedeva la famiglia di mia madre, di cognome appunto Pantanali)
precipitarono due CR 20, nella vigna di mio zio. Quando giunsi sul posto
ho visto un aereo al quale mancava la coda e tutto aggrovigliato, mentre
a poca distanza un’ altro CR 20 era inclinato di 45°. Mio zio chiamò
il prete perché uno dei piloti era morente, mentre l’altro
pilota, Giusti Gustavo, con una gamba ferita, continuava a dire: “l’ho
ammazzato io”. L’aereo di Giusti, aveva investito quello che lo precedeva
e con l’elica gli aveva tranciato la coda. (Giusti era certamente impressionato
dall’evento. In aeronautica è difficile stabilire la causa degli
incidenti. In questo caso poteva essersi verificato un calo di potenza
del motore del velivolo di Ricco). Il Ten Giusti venne spesso a trovare
mio zio che fu il primo a dare soccorso. Ci lasciò una sua
fotografia. Quando seppe che ero entrato in aeronautica e che ero ad Aviano,
nel 1938, mi venne a trovare ed un giorno mi disse: “vieni con me andiamo
in volo”. Salimmo sul Caproni 110. Ricordo che Giusti faceva a gara con
il secondo pilota per mantenere l’aereo in virata stretta, puntando l’ala
fissa su un punto caratteristico al suolo. Poichè volevo continuare
gli studi gli chiesi aiuto per essere trasferito a Padova e così
avvenne. Seppi in seguito che durante il conflitto il reparto di Giusti
Gustavo venne inviato a Fontanarossa, dove nel 1941 Giusti perirà
in azione nel mediterraneo centrale”.
Tarcisio Manzan
Lo stesso incidente
riportato in “Quelli del Cavalino rampante” del gen. Antonio Duma:
“… Tre velivoli
entrano in collisione in data 10.06.1931. Il Serg. Bandini riesce a rientrare
a Campoformido, mentre precipitano gli aerei del Ten Giusti Gustavo (ferito)
e Serg. Ricco Giovanni (deceduto). E’ il primo grave incidente di volo
e la prima perdita del Reparto, a seguito il Cap. Pagliari chiede di essere
sostituito alla guida della Squadriglia.”
I.G.M. - Località Pantanali - 10 giugno 1931. Punto di
impatto dei due Fiat CR 20 pilotati dal Ten Giusti Gustavo e dal Serg.
Ricco Giovanni. La casa Pantanali è la prima a sinistra arrivando
da San Giorgio.
Ricostruzione grafica: Arch. P.Manzan
Il 10 marzo 1931 il Ten. Aldo Remondino, e' ad Aviano, istruttore alla 91^ Squadriglia della "Scuola Caccia" del 1° Stormo e durante un volo con un Fiat C.R. 20 e’ coinvolto in un incidente presso San Giorgio di Nogaro.
“ … Altro fatto che ricordo è l’incidente occorso
al Ten Remondino futuro Capo di Stato Maggiore dell’ A.M. negli anni 60.
Tornavo dalla scuola di avviamento al lavoro, a un certo punto sento un
forte rombo. C'era nebbia, volgo lo sguardo verso la stazione ferroviaria
e vedo un aereo da caccia che vira a sinistra rispetto la ferrovia con
il motore imballato che cerca un atterraggio dopo aver impattato contro
gli alberi della villa Vucitic dove ha già perso l’elica. E’ a questo
punto che sparisce dietro le case. Corro verso il luogo dell’ impatto.
Vedo che l’aereo ha impattato contro la parete di una casa. La parete in
parte ha ceduto e l'aereo è rovesciato su se stesso e appeso, con
la coda a terra. Cola benzina da tutte le parti, sembra un diluvio. Esce
il pilota. Un uomo alto, che si toglie il caschetto in pelle chiedendomi
dove si trovano i carabinieri. La parete abbattuta era quella della stanza
dove una bambina di pochi mesi stava dormendo. Fu un miracolo perchè
il parziale crollo della parete non investì la culla in quanto i
mattoni caddero intorno alla stessa. 13 anni dopo però il miracolo
non si ripetè. Quella stessa bambina morì tra le fiamme della
stessa casa, colpita da un serbatoio alare sganciato da un aereo alleato.
L’altro serbatoio finì nei nostri campi. Ricordo che l’aereo di
Remondino fu portato in piazza con le ali smontate. Certamente Remondino,
a causa della nebbia, aveva difficoltà nel condurre la sua navigazione
e volava a quota molto bassa per leggere i cartelli della stazione ferroviaria.
Infatti impattò gli alberi a poca distanza da essa e sulla direttrice
della ferrovia. Negli anni ‘60 Il C.S.M. della A.M. Aldo Remondino
venne in visita all’aeroporto di Padova. Io mi trovavo in linea di volo
davanti all’hangar della Squadriglia Collegamenti per segnalare al velivolo
il parcheggio. Ero tentato di ricordare il fatto con lui ma ne parlai solo
al suo aiutante di volo.”
Tarcisio Manzan
In data 7 luglio 2011 giunge conferma che dagli archivi
dello Ufficio storico dello Stato Maggiore Aeronautica risulta che
il giorno 10 marzo 1931 il Ten. Pilota Aldo Remondino nato a Cuneo il 15.01.1908
ha avuto un incidente presso San Giorgio di Nogaro riportando ferite lievi.
Nel carteggio degli incidenti di volo non esiste altra documentazione riferita
a tale fatto.
I.G.M. – San Giorgio di Nogaro – 10 marzo 1931. Punto d’impatto
del Fiat CR 20 del Ten. Aldo Remondino e la rotta seguita negli ultimi
secondi.
Ricostruzione grafica: Arch. P. Manzan
Il 1° settembre 1928 un Fiat CR 1 del 1° Stormo, a causa di un incendio sviluppatosi a bordo, tenta un atterraggio di fortuna ed il pilota, serg. Giacomo Bassi, perde la vita.
“Avevo 11 anni. Su San Giorgio di Nogaro passò
un aereo che lasciava una scia di fumo e si stava abbassando. Si dirigeva
verso Zellina e cercò di atterrare nella località di Zaboga
vicino alla ferrovia Venezia-Trieste. Il pilota con l'aereo ancora in movimento
si lanciò fuori dalla cabina, ma il velivolo in fiamme al termine
della corsa, ruotò su se stesso e investì il pilota i cui
vestiti presero fuoco. Sopraggiunse un contadino che con la pala gettò
terra sullo sventurato che però morì. Non ricordo il nome.
In paese si diceva che si chiamava Giacomo Bassi un diciannovenne pugliese.
Ricordo che al funerale mentre il feretro veniva portato fuori dalla chiesa
di San Giorgio di Nogaro, sette aerei hanno effettuato un sorvolo a bassa
quota mentre la banda del paese suonava il” Piave”. Alle esequie era presente
Rino Corso Fougier.”
Tarcisio Manzan
Da “Quelli del Cavalino rampante” del gen. Antonio Duma:
“…Proprio in quei mesi il tenente colonnello Rino
Corso Fougier matura la convinzione del volo acrobatico: un’ottima
disciplina per imparare ad affrontare tutte le condizioni di volo. E Fougier
assume il comando del I° Stormo il 1° settembre 1928. Si
apre così la stagione da cui nasceranno le pattuglie acrobatiche
e infine le Frecce Tricolori.”
I.G.M. - Individuazione punto impatto.Seconda strada a destra
dopo C. Zapoga . Fiat CR 1- 1° settembre 1928.
Ricostruzione grafica: Arch. P.Manzan
Il Ten. Bruno di Montegnacco e la M.O.V.M. Mario D’Agostini
“Ricordo che il Ten. Bruno di Montegnacco passava sopra
la villa dei suoi cugini a San Giorgio di Nogaro e faceva sempre
evoluzioni. Un giorno passò così radente al terreno che spaccò
con l'ala la forca di un contadino.”
“Devo ricordare il concittadino la M.O.V.M. Mario
D’Agostini, di cui il 2° Stormo porta il nome. Mentre effettuava il
mitragliamento di una colonna inglese tra TobruK e Ain El Gazala
il suo MC 202 veniva colpito e fu costretto ad un atterraggio senza carrello
nelle vicinanze dell'obbiettivo colpito. Il suo corpo fu trovato a pochi
metri dall’ aereo. Ucciso da un colpo sparato a bruciapelo..”.
Tarcisio Manzan
Ricostruzione grafica Arch. P. Manzan
L’incidente di Italo Balbo, Tobruk, 28 giugno 1940
“Il 28 giugno 1940 l’S 79 su cui volava Balbo, Nello
Quilici e altre sette persone venne abbattuto dalla contraerea italiana
nel cielo di Tobruk. Italo Balbo volava in coppia con l’S 79 del Gen.le
Porro. I due velivoli venivano investiti da fuoco amico. Dopo l’incidente
il Generale Porro prese il comando dell’aeroporto di Padova. All’epoca
anche io prestavo servizio presso questo aeroporto ed ebbi modo di manutenere
il suo velivolo che recava ancora i colpi della contraerea sul lato sinistro
della fusoliera e sulla pancia del velivolo evidenziati dalle coccarde
tricolori (a conferma di quanto descritto a pag 77 rigo sesto e a pag.
231, 232, 233 del libro di Folco Quilici “ Tobruk 1940 – La vera storia
della fine di Italo Balbo “; ed. 2004). Ho avuto modo di incontrare Folco
Quilici negli anni 60 quando utilizzò l'elicottero della 1^ Aerobrigata
di Padova - 601^ Squadriglia Collegamenti, per il documentario “
L’Italia Vista dal Cielo”. Mi permisi allora di scrivere la lettera seguente
quando ritrovai la foto di cui sopra dove sul retro avevo scritto: S79
di S.E. Porro Felice colpito dagli antiaerei che hanno abbattuto S.E. Italo
Balbo .....”
Tarcisio Manzan
Manzan03
Manzan03n
L’S 79 del Gen.le Porro a Padova con alcuni componenti del suo equipaggio. Manzan Tarcisio il secondo da sinistra. Sul retro del frammento della fotografia si legge: "S 79 di S. E. … Porro Felice colpito dagli antiaerei che h…nno abattuto S….lbo mentre …."
A Folco Quilici, Roma
Nel ringraziarla per la sua disponibilità le trasmetto
una foto ritrovata in questi giorni da mio figlio Paolo che riporta sul
retro la testimonianza di allora. L’S 79 del Generale Porro, dopo il tragico
incidente di Tobruk si portò a Padova, aeroporto dove nel periodo
dal 21 giugno 1940 al 6 gennaio 1941 prestavo servizio al Reparto Volo.
Potei così notare i colpi di mitragliatrice sul fianco sinistro
tra l’ala e i piani di coda. Sempre unito al suo grande dolore per la perdita
di suo padre.
Padova, 10 gennaio 2006
Tarcisio Manzan
La 274 Sq. Bombardamento Grande Raggio (B.G.R.)
Aviano 1938
"Marzo 1942 Pisa. Giunsi in quell’aeroporto dopo l’incidente ove perse la vita Bruno Mussolini sul P 108. La 274^ Sq. era già a lui dedicata. C’era ancora il suo cane divenuto la mascotte della squadriglia e che “stranamente” chiamavamo “Bar”. Nel 1942 ero di base a Guidonia e il S. Ten. GArat Ing. Grassi mi disse che avremo dovuto fare una prova di volo con il P 108 per verificare il posizionamento dei tubi di scarico dei motori. Questi, posti sopra l’ala, creavano turbolenza. Era quindi necessario apportare una modifica per poter guadagnare più quota e autonomia. Attaccai una serie di dischetti di tela con della colla. Al centro di essi era posizionato uno spago che doveva identificare la turbolenza. Decollammo e l’ingegnere filmò dalla cabina il comportamento degli spaghi. Dopo queste prove i tubi di scarico dei motori, che erano sopra l'ala vennero posizionati al di sotto.
Manzan01
Manzan01n
La mascotte della 274^ Squadriglia B.G.R., il boxer di Bruno Mussolini
che, “stranamente”, l’avevamo chiamato “Bar “. Tarciso Manzan e’
il primo da sinistra.
Il retro della foto riporta il seguente appunto: “Con il cane del
povero Bruno (Mussolini) fedele amico della squadriglia ancora a caccia
di grossi topi sardi. In barba al pessimismo di mamme Mariute suo..”
Manzan02
Ancora a Guidonia, sede del Centro Sperimentale Volo,
sul P 108 si verificava frequentemente la mancata apertura dei parzializzatori,
con il conseguente sovrariscaldamento dei motori. Scoprii che l’inconveniente
era dovuto al calore che deformava la guarnizione dei pistoncini. In realtà
la nuova macchina non era ancora stata del tutto collaudata. Ricordo
che a causa del problema ai parzializzatori, operando dalla Sardegna sul
mediterraneo, il motore di uno dei velivoli grippò e l’asse dell’elica
si tranciò di netto. La sezione di rottura era perfettamente liscia,
senza nessuna asperità. L'elica staccandosi dal velivolo colpì
la fusoliera, subito dietro la cabina di pilotaggio, aprendovi una squarcio.
Sempre a Guidonia venni chiamato dal Cap. Rossi che
mi fece salire sull’S.79 A.R.P. radiopilotato. (che fu poi utilizzato
nell'agosto del 42 per una azione sul Mediterraneo) Una volta a bordo mi
chiama al posto di pilotaggio proferendomi queste parole: “Dobbiamo provare
questo S. 79. Osservi come vanno gli strumenti e li mantenga sempre sotto
controllo”.
A Guidonia vidi il P 38 americano atterrato per errore in Sardegna credendo di trovarsi a Malta. Riuscii ad entrare in cabina. Gli strumenti erano come i nostri. L’aereo fu usato dal Colonnello Tondi durante la seconda incursione su Roma contro i bombardieri alleati. A Guidonia vidi anche l’aereo di Pezzi , il Campini Caproni C.C.2, e l’S.M. 75 del volo segreto Roma – Tokio del ‘42 (trasporto dei cifrari).
Da Guidonia nel 1942 ci trasferimmo a Latina dove rimanemmo
per circa tre mesi. Da quell’aeroporto decollarono i tre P 108 per la sfilata
su Roma. Subito dopo la sfilata rientrammo a Guidonia. Da Guidonia, mi
sembra, ci fu una delle prime azioni. Il P 108 del Capitano Balletta decollò
per Gibilterra. L’aereo e l’equipaggio non fecero ritorno. Un ricognitore
in mare aperto avvistò solo una ruota. Venni informato che era morto
nell’azione del gennaio 1943 anche il povero Turco di Codroipo, bravo motorista,
che aveva realizzato un busto in marmo raffigurante il primo Comandante
della 274^ , Bruno Mussolini.
Il reparto fu trasferito in Sardegna e io rimasi a
Guidonia con due o tre P 108 ancora da sistemare. Poco dopo raggiunsi anch’io
la squadriglia.
I P 108 erano ancora in fase di sperimentazione. Le
prime azioni ebbero buon esito ma si verificava spesso un consumo eccessivo
di carburante. Una volta ricordo che di tre velivoli decollati per una
azione, due atterrarono fortunosamente sulla costa spagnola. Il Motorista
Deninoti, imbarcato su uno dei due velivoli, una volta rientrato in Italia,
mi telefonò dicendomi “…in culo a te e tutta la Sardegna, non mi
vedrai più…”. Dopo appena due giorni rientrò in reparto.
Il motorista Lazzarini mi disse “…abbiamo sganciato
sull’aeroporto di Maison Blanche (Algeri) una parte del carico sull’aeroporto,
l’altra fuori… per coloro che erano scappati…”.
L’aeroporto di Decimomannu, durante la mia permanenza, ha subito 3 o 4 bombardamenti alleati. Ricordo che prima venivano lanciati i bengala e i caccia CR 42 di stanza a Monserrato cercavano di colpirli con le mitragliatrici. Poi il nostro aeroporto per la difesa fu dotato di Macchi 202. Erano sempre in volo sull’aeroporto tranne che a mezzogiorno, ora in cui avveniva di consueto l’allarme.
Una volta rientrati a Guidonia dalla Sardegna, mi ricordo di Lazzarini che fu dichiarato disperso con tutto l’equipaggio nella seconda azione contro lo sbarco alleato sulla costa orientale della Sicilia. Durante la prima azione, invece, il suo aereo tornò a Guidonia completamente crivellato di colpi, con copiose perdite di benzina dai serbatoi alari .Era una doccia. L’armiere aveva perso un occhio (gli pendeva dall’orbita) per un colpo di rimbalzo, si trattava di Giunone. Persino le pale delle eliche e le ruote erano crivellate di colpi. Lazzarini si indispettiva per i continuati lamenti di Giunone e perché una volta atterrati nessuno andò a soccorrere l’equipaggio. La pista allora non era illuminata come si può pensare oggi. Finita la guerra, dopo circa quattro anni, mi contattò la madre di Lazzarini per chiedere notizie di suo figlio. Le scrissi che doveva consideralo disperso nel canale di Sicilia.
Di Guidonia ricordo ancora il 1° av. arm. Tornieri. Aveva la ragazza di Verona. Un giorno andammo a ritirare a Pontedera un P 108. Avevamo un giorno in più a disposizione. Prendemmo il primo treno (un merci) e raggiungemmo Rifredi. Da li a piedi e di corsa raggiungemmo Firenze. Prendemmo il primo treno per Bologna. Io andai in Friuli e lui in Veneto. Tornammo in tempo per ritirare il velivolo. Ricordo anche del 1° av. mot. Manzini, brava persona, sempre allegro. Tutti e due, imbarcati nello stesso velivolo, furono dati per dispersi nella missione dell’11 luglio 1943 dove 4 Piaggio 108 decollarono da Guidonia con il compito di bombardare unità navali a largo della costa sud orientale della Sicilia.
Sempre a Guidonia ricordo i cinque Macchi 202 decollati su allarme per la difesa di Roma. Il capo pattuglia imbardò leggermente a sinistra e con lui tutti i gregari. Vidi che i velivoli tentavano di decollare subito, saltellando sulle ruote nella direzione del mio P 108. Ero intento alla compensazione della bussola. Il gregario di sinistra della pattuglia dei cinque Macchi 202 abbassò l’ala sinistra perché il carrello non investisse la deriva., ma l’estremità dell’ala urtò il timone di direzione del P 108. Un altro Macchi 202 passò appena davanti il P.108… più basso delle eliche”.
Ricordo Spotti, di Milano, era un mio amico, radiotelegrafista, morì nella seconda azione su Maison Blanche (?). In questa azione si persero due aerei (?). Poco prima di morire Spotti mi confidò di essere preoccupato per suo padre, in quanto voleva ripagarlo per i sacrifici che aveva fatto per crescerlo.
Al rientro dalla Sardegna fummo destinati prima a Guidonia e poi a Foligno. Se non ricordo male andai anche all’aeroporto di Ampugnano di Siena. In quell’aeroporto erano stati portati solo due velivoli P 108, di cui uno impantanato sulla pista del campo oltre il mozzo della ruota. Facemmo grande fatica a liberalo. Da quell’aeroporto non furono fatte azioni.
Da Guidonia ci trasferimmo poi a Foligno. Dovevamo montare ai P 108, in quell’aeroporto, i nuovi motori potenziati. La squadriglia era ormai distrutta. Dall’aeroporto di Foligno non furono fatte azioni. Gli aerei erano posizionati sul lato del campo verso Sterpete. I P 108 erano tre: uno nuovo da trasporto che doveva montare il cannoncino e due che mettevamo sempre in moto per tenerli efficienti. Per uno dei due, il comandante Gori Castellani ordinò un giorno la prova delle mitragliere di bordo vicino alla sommità del monte Subasio. Tutto il materiale di ricambio dei velivoli era depositato presso la villa di una Contessa a Spello.
L’ 8 settembre 1943 il comandante della squadriglia Gori Castellani radunò gli ufficiali i sottufficiali e la truppa alla mensa. Ci avvertì della comunicazione di Badoglio e ci esortò a non abbandonare la caserma e ad essere fedeli al giuramento. Dopo la riunione alla mensa portai il materasso della mia branda e la bicicletta da Ninetta, madre di Maria, la mia futura sposa. Quella notte dormii lì ed il mattino successivo mi avvicinai agli edifici dell’aeroporto. Dalla finestra un mio amico di Manzano mi aggiornò sulla presenza di truppe tedesche a Terni. Andai nell’hangar, ero vestito in borghese, mi vide Castellani e mi disse “cosa fa lei qua”, risposi “sono venuto a prendere dei libri….” “ma lei non ha paura del piombo italiano?”. Il 9 (?) settembre partirono dall’aeroporto di Foligno due P 108. Uno diretto all’aeroporto di Lecce e l’altro, dopo un giro di campo, atterrò con un motore grippato e la relativa elica mancante. Infatti il motorista, avendo deciso di non consegnarsi agli alleati, aveva causato intenzionalmente l’avaria escludendo la lubrificazione del motore n.3, facendo staccare di netto l’elica dal motore.
Così dopo 3 o 4 giorni partii per il nord. Prima
cercai dal parroco di S. Eraclio una cartina geografica, che non mi diede.
Mi riferì a guerra finita che gli venne sottratta dai tedeschi.
I ponti erano distrutti e arrivai in treno fino a Rovigo. Lì sentii
il capostazione ordinare al macchinista di portare il treno su un binario
morto. Il macchinista invece diede tutto vapore e partì per Padova.
Avevo già pensato di salire sulla motrice e fingermi il fuochista
sporcandomi il volto con il carbone per una eventuale controllo dei soldati
tedeschi. Infatti, appena partiti da Rovigo, incrociammo un treno con un
vagone davanti la motrice sul quale c’era una postazione di mitragliatrice
tedesca. Un’altra postazione si trovava sull’ultimo carro del convoglio.
I carri erano carichi di persone in borghese. I vagoni erano quelli bassi,
usati per il trasporto della ghiaia. I passeggeri ci facevano cenno di
scendere prima della stazione di Mestre perché lì i tedeschi
catturavano tutti gli sbandati.
Arrivato a Padova il treno si fermò. Passò
lungo i vagoni un carabiniere che ci disse, senza guardarci in faccia,
“scappate via, prendono tutti a Mestre”.
Sceso dal treno presi direzione nord-est e mi incamminai
con tutti nella campagna e nei boschi. Da tanta gente che era passata si
era formato ormai un sentiero.
Mi unii ad altri due slavi di Fiume, erano scalzi
giovani e mal ridotti. Li avevo dietro di me. Camminammo fino a notte e
chiedemmo in una casa di contadini se era possibile attraversare la strada
del Terraglio, ovvero se la stessa era presidiata dai carri tedeschi. Dormii
nel fienile e al mattino i contadini mi dissero “… spetè che molemo
la radio… “.
Ripreso il cammino mi recai alla stazione di Quarto
D’Altino e lì salii sul treno diretto a Trieste. Feci il tragitto
con un Capitano Pilota che fu ospite a casa mia per qualche giorno. Quel
Capitano ripartì poi per Trieste lasciandoci alcuni effetti
personali.
Al mio paese, S. Giorgio di Nogaro, iniziò una guerra peggiore. Non ci si poteva fidare di nessuno, i partigiani titini arrivarono a minacciarci; Ricordo di aver salvato da fucilazione certa un personaggio in vista del paese, se non ricordo male era un certo Businelli. Era stato catturato da un partigiano titino che lo conduceva sulla riva di un canale per fucilarlo. Mi presentai al partigiano come il rappresentante militare di zona e gli ordinai di liberare l'ostaggio.
Vorrei concludere facendo una riflessione sulla mia
storia in aeronautica. Il mio legame con l’aeronautica inizia a 11 anni
quando fui testimone nel 1928 del fatto occorso al CR1 di Giacomo
Bassi. L’emblema sull’aereo di Bassi era un arciere. Analogo arciere sarà
l’emblema della 1^ Aerobrigata, mio ultimo reparto lasciato a fine giugno
1974. Mio figlio Piergiorgio è entrato in Accademia meno di 3 mesi
dopo e ha terminato la sua brillante carriera con lo stemma dell'arciere
sul petto che ora porta il nome di “1^ Brigata Aerea - Operazioni
Speciali”. Mio figlio Paolo ha prestato servizio di Ufficiale di Complemento
presso il mio stesso arciere, la “1^ Aerobrigata Intercettori Teleguidati”."
Tarcisio Manzan
Reparti di appartenenza di Tarcisio Manzan:
Scuola specialisti - Capua;
18° Stormo B.T. - Aviano;
2^ ZAT Padova;
6^ Divisione Aerea - Padova;
54° Stormo C.T. - Treviso;
14° Stormo A.T. - Reggio Emilia;
274° Sq. BGR;
Scuola pilotaggio - Secondo periodo - Alghero;
Reparto Volo 1^ Aerobrigata I.T. - Padova